Da welfare state a folly state

 “Se si dovessero interrompere oggi le forniture di gas russo l’Italia sarebbe coperta fino ad ottobre. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Mario Draghi nel corso della conferenza stampa che ha seguito il Consiglio dei ministri sul Def. “Noi siamo con l’Unione europea, se ci propone l’embargo sul gas, siamo contenti di seguire. Vogliamo lo strumento più adeguato per la pace. Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace: preferiamo la pace o il termosifone, anzi il condizionatore acceso? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre”, le parole del premier”. (LaPresse)

Era il 06 aprile 2022 e le provocatorie dichiarazioni dell’allora premier italiano fecero discutere: si trattava, a suo dire, di piegare le nostre comodità alle esigenze belliche contro la Russia. Un modo inaccettabile di impostare il discorso della pace, riducendola a opzione a favore dei propri comodi. Volendo metterci sullo stesso piano ci si potrebbe chiedere a rovescio: preferiamo causare con le nostre armi fornite all’Ucraina migliaia di morti o arrenderci alle mire espansionistiche di Putin? Un manicheismo funzionale alla globalizzazione dello status quo, un disperato realismo che tutto blocca in una sorta di regime totale da cui non si può uscire. Ne abbiamo la dimostrazione in questi giorni.

“Paola e Claudio Regeni sono rimasti attoniti davanti alle parole dell’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi che, sul palco della convention di Forza Italia, si è speso in parole di gratitudine per il governo di Al Sisi: «L’Egitto ci ha aiutato rinunciando ai suoi carichi quest’estate per mandarli in Italia per riempire gli stoccaggi. Questi sono Paesi a cui se dai, ricevi». Il Paese da cui l’Italia «riceve» non ha però mai fornito gli indirizzi dei quattro funzionari della National Security egiziana accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore 28enne. La prossima udienza, il 31 maggio, dovrà ancora una volta affrontare l’impasse giuridica causata dall’irreperibilità degli imputati”. (Serena Riformato su “La Stampa”).

Un inqualificabile inno (schiacciadiritti) alla realpolitik: prima vengono gli affari di Stato poi i diritti dei cittadini. Per dirla con Marco Pannella, la ragion di Stato che vince sullo Stato di diritto. Se si rimane in questa logica perversa, tutto cambia affinché nulla cambi.

Nell’intervista sopracitata ai genitori di Giulio Regeni, si richiama la domanda della segretaria del Pd Elly Schlein: l’Italia ha “dato” l’impunità ai torturatori di Giulio Regeni in cambio del gas? I Regeni rincarano la dose: «Abbiamo rinunciato alla giustizia (diritto inalienabile) in cambio di merci? E chi ci guadagna in uno scambio così svantaggioso?».

Una dichiarazione allegata alla 67a Dichiarazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 24 settembre 2012 afferma: “Le Nazioni Unite definiscono lo Stato di Diritto come un principio di governo in cui tutte le persone, le istituzioni e gli organismi, pubblici e privati, ivi incluso lo Stato stesso, sono tenuti da leggi pubblicamente promulgate, ugualmente applicate e giudicate in modo indipendente, e i quali sono coerenti con le norme e gli standard internazionali sui diritti umani.”

É una definizione che mette i diritti umani al centro del governo pubblico, e impone a tutti gli Stati di rispettare i principi sanciti dalla Carta Universale dei Diritti Umani e dai documenti successivi. Purtroppo le cose si complicano quando si intrattengono rapporti con Stati che violano i diritti umani e prevale la tentazione di lasciarli bollire nel loro brodo a costo di scottarsi. Chi governa dovrebbe avere il rigore etico, la lucidità politica e la responsabilità civile per impostare correttamente e/o addirittura rifiutare categoricamente i rapporti con gli Stati che non rispettano i diritti. Si finisce purtroppo col difendere a parole lo Stato di diritto per poi piegarsi nei fatti alla ragion di Stato.

Paola e Claudio Regeni affermano in merito alla triste vicenda del figlio caduto nella implacabile rete spionistica egiziana: «L’Italia ha preferito consentire una diluizione infinita dei tempi, forse, chissà con la speranza che noi desistessimo dalla nostra richiesta di verità e giustizia processuale. Notiamo come spesso le posture, le risposte diplomatiche e politiche sono state volutamente vaghe, non chiare, lasciando che l’Egitto le interpretasse a modo proprio e, soprattutto, che il “caso Regeni” potesse diventare uno scomodo ricordo del passato. Delegazioni, strette di mano, sorrisi, accordi di ogni genere, e tante, tante armi di ogni tipo. Però hanno fatto male i loro conti. Noi non desistiamo e il “popolo giallo”, che con noi pretende verità e giustizia, ogni giorno che passa diventa più numeroso e determinato».

Siamo un po’ tutti vergognosamente rassegnati alla ragion di Stato. Le dichiarazioni di Descalzi sono passate (quasi) inosservate, mentre, per quanto lasciano intendere, sono di una gravità eccezionale e gridano vendetta al cospetto di Dio e degli uomini. Fintanto che anche il più piccolo dei diritti per il più piccolo degli uomini non sarà rispettato e sarà subordinato agli interessi di una fasulla collettività nazionale ed internazionale, non avremo la coscienza a posto. Ognuno può e deve fare al riguardo qualcosa a cominciare naturalmente da chi è investito di qualche responsabilità pubblica. Tutti colpevoli nessun colpevole? E i Regeni di turno in pasto alla realpolitik, alla realeconomik, alla realporcherik.