Pillole di incrociata demagogia

Con la decisione del comitato prezzi e rimborsi dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, è arrivato il via libera per rendere gratuita la pillola anticoncezionale per le donne di tutte le fasce d’età, con un costo stimato per il Servizio sanitario nazionale di 140 milioni di euro all’anno.

Apriti cielo! Si è scatenata un’assurda polemica.  Prima a scagliarsi contro la decisione, Pro Vita & Famiglia che bolla come «grave e pericolosa» la decisione: Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo, si è chiesta come sia possibile «conciliare la pillola contraccettiva libera e gratuita come panacea di tutti i mali, senza sottolineare i gravi effetti collaterali fisici e psicologici che possono portare fino a depressione e istinti suicidari» e «invitare le ragazzine a bombardarsi di ormoni». Si dice «sconcertato» anche Massimo Gandolfini, leader del Family Day, perché è una scelta che «va nella direzione opposta rispetto al problema della denatalità» con importanti risorse che «potrebbero essere allocate invece per alleviare le gravi condizioni di famiglie” con figli disabili che hanno necessità di farmaci costosissimi non forniti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale». Un tema condiviso anche dal network di associazioni “Sui tetti” e dal Moige, il Movimento Italiano Genitori, che arriva a dire che l’Aifa «discrimina chi fa i figli: «Si aiuta – secondo il direttore Antonio Affinita – chi non vuole avere figli, ma ci si dimentica delle famiglie. Noi vogliamo eguale gratuità per le spese diagnostiche e terapeutiche per i figli visto che la natalità è la vera emergenza nazionale». A chiedere all’Aifa di fare un passo indietro è poi la senatrice di FdI Lavinia Mennuni perché «ben altre» sono le priorità sociosanitarie, come appunto la natalità e il sostegno alla famiglia. È la stessa esponente di FdI a ricordare che ad assumere la decisione sono stati «i vertici in scadenza dell’Aifa», mentre è un compito che «compete alla politica» (dal quotidiano “Avvenire”).

Il grande indimenticabile Indro Montanelli bollava, dal punto di vista etico, queste discussioni come “beghe di frati”. Sono perfettamente d’accordo con lui. Quanto alle controindicazioni sanitarie, tutti i farmaci ne hanno e sta all’individuo interessato, aiutato dai medici, fare il calcolo dei costi e dei benefici. Non si può fra l’altro essere rigoristi con le pillole anti-concezionali e possibilisti con vaccini etc. etc.

In secondo luogo, se ci spostiamo politicamente sul discorso delle risorse impiegate per garantire gratuitamente la pillola anticoncezionale, mi sembra oltre modo demagogico tirare in ballo a sproposito le famiglie con figli disabili o comunque altri soggetti meritevoli di aiuto pubblico. La cifra stanziata non è esorbitante, ma soprattutto dovrebbe essere un aiuto ad una maternità responsabile e all’impostazione di una sessualità non finalizzata al solo scopo procreativo.

La contraddizione rispetto agli indirizzi governativi di sostegno alla natalità è evidente quanto inesorabile: infatti la natalità non si incoraggia con la maternità irresponsabile o coatta, ma con politiche miranti a far prendere coscienza le giovani generazioni delle proprie responsabilità. L’uso della pillola anti-concezionale non deve essere esorcizzato, ma inserito nel contesto culturale e valoriale del mondo attuale.

Quando si parte col piede sbagliato (mi riferisco alla natalità come fine assoluto) si fa poca strada e si cade di fronte alle prime difficoltà, confondendo magari i paracarri con gli ostacoli che si frappongono al cammino. Smettiamola di fare demagogia su famiglia, natalità, procreazione e salute.  Ho l’impressione che le beghe di frati di cui sopra stiano diventando pretesti politici per nascondere assurde e reazionarie fughe all’indietro.

Non intendo assolutamente iscrivermi al referendum “pillola sì-pillola no” e tanto meno adottare una comoda equidistanza tra tesi opposte, preferisco invece usare un taglio critico sul discorso. Ecco perché mi sono riferito fin qui ad una parte degli argomenti, quelli “ideologicamente” contrari alla contraccezione liberalizzata. C’è però un’altra parte di argomenti a sostegno della contraccezione, che finiscono col banalizzarla e considerarla la panacea di tutti i mali, pensando di licenziare sbrigativamente il problema riducendo medici, consultori, sanità pubblica a meri distributori di pillole anticoncezionali.

Non può essere così, infatti l’argomento critico più intelligente l’ho colto in un discorso che traggo sempre dal quotidiano “Avvenire” con riferimento alle dichiarazioni di Livia Cadei, presidente dei consultori cristiani: “Il punto allora è l’educazione alla sessualità, che manca drammaticamente nel nostro Paese: «C’è una sistematica riduzione di questa sfera alla genitalità pura e un azzeramento sconfortante del tema della generatività». Quei 140 milioni di euro all’anno Livia Cadei li riserverebbe a percorsi di dialogo e di confronto coi ragazzi e le ragazze”. A mio giudizio quei fondi non sarebbero però necessariamente e manicheisticamente alternativi, ma potrebbero essere aggiuntivi, perché effettivamente “oltre la pillola, c’è di più”.