Il carcere tra carote e bastoni

Finalmente la destra batte un colpo a sinistra? Risolvere il sovraffollamento carcerario italiano spostando i detenuti tossicodipendenti in strutture e comunità protette a loro dedicate: è questa l’idea lanciata dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, in un’intervista al Messaggero e ribadita al termine di una visita al carcere di Marassi a Genova. Un’iniziativa condivisa dal governo, e soprattutto dal ministro Carlo Nordio (dal quotidiano La Stampa del 14 marzo 2023 – Grazia Longo).

Non sarà facile, ma l’idea è decisamente buona dal punto di vista costituzionale (le pene devono tendere alla rieducazione del condannato), dell’alleggerimento del carico sulle strutture carcerarie (56319 reclusi a fronte di una capienza massima delle carceri di 51285 detenuti), del problema della tossicodipendenza (che non va affrontato con intento repressivo, ma con sforzo rieducativo).

Sono immediatamente partite le controindicazioni e le complicazioni: ci sono poche strutture disponibili al riguardo, esistono vari livelli di reati connessi alla tossicodipendenza, c’è il problema della copertura economica, è un percorso da condividere con le Regioni e con il terzo settore, è necessario il coinvolgimento della magistratura di sorveglianza, c’è la questione della volontà di guarire dalla tossicodipendenza (su quasi 21 mila detenuti con problemi di droga solo 8 mila vogliono realmente curarsi), il discorso andrebbe accompagnato dalla depenalizzazione delle droghe leggere (ancora dal quotidiano La Stampa).

E poi è tutto da verificare che un simile progetto sia compatibile con l’intenzione sempre rivendicata da Giorgia Meloni di raggiungere non solo la certezza della pena ma anche un’offerta di maggiori garanzie ai cittadini. Garanzie solo per chi sta fuori dal carcere o anche per chi è recluso? La pena diventerà incerta se scontata in una comunità di cura e recupero? Sarà capace la premier di prescindere dai suoi slogan elettorali per fare un bagnetto di concreta civiltà? Sarà in grado il Parlamento – la cui maggioranza ha recentemente svuotato di significato e sostanzialmente buttato all’aria il sacrosanto provvedimento di legge sulla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori – di affrontare seriamente il problema carcerario? Non c’è che dire è curioso questo balletto carcerario: si va da una ventilata iniziativa governativa che segnerebbe una importante apertura ad una frenata parlamentare che segna una chiusura. E che dire della ventilata eliminazione del reato di tortura per dare più potere e spazio di manovra alla polizia? Un colpo al cerchio e due colpi alla botte!

Questa problematica, mi riferisco al discorso della condizione carceraria, è sempre stata lasciata all’esclusiva sensibilità del partito radicale e del volontariato cattolico e laico. La classe politica ha sempre preferito schivarla, voltandosi dall’altra parte riguardo, ad esempio, ai suicidi (sono 84 i detenuti che si sono uccisi in cella nel 2022 di cui il 60% era tossicodipendente). Viviana Daloisio riporta sul quotidiano “Avvenire” i risultati delle ispezioni dell’organo anti-tortura del Consiglio d’Europa: l’ennesima, sconfortante fotografia della situazione nei nostri penitenziari, con l’Italia sotto accusa per violenze e sovraffollamento.

Sarebbe ora di uscire da questa colpevole indifferenza. Questa volta forse la provocazione in positivo, seppure piuttosto controbilanciata dalle chiusure di cui sopra, viene da un sottosegretario di un governo di destra e la sinistra dovrebbe raccoglierla convintamente e costruttivamente. Elly Schlein è chiamata in questo caso a dimostrare sul campo la capacità di affrontare la tematica riguardante i diritti delle persone.

Speriamo che il tutto non finisca in una bolla di sapone e che non vengano scaricate responsabilità ed eventuali colpe sulle strutture del terzo settore impegnate in questo delicatissimo settore. È una intenzione da non lasciar cadere nel vuoto o nelle polemiche strumentali. Mi auguro che non si tratti di un espediente demagogico e, se mai lo fosse, sarebbe comunque opportuno prenderlo sul serio per misurare l’effettiva intenzione di affrontare un problema sociale così importante anche se piuttosto impopolare.