Governare o sgovernare, questo è il problema

Ho recentemente ripreso, a margine della sentenza Ruby ter, il principio in base al quale le sentenze non si giudicano, ma si rispettano. Vorrei tentarne una parafrasi applicabile alle leggi: le leggi si rispettano, poi semmai si discutono e si cambiano.

Nel nostro Paese siamo propensi all’obiezione di coscienza, che in diversi casi diventa obiezione di comodo: non era così per l’obbligo del servizio militare, è in gran parte così per il diritto all’aborto. Ma non è questo aspetto che intendo affrontare.

Mi riferisco infatti emblematicamente a due provvedimenti di legge, che vengono maltrattati a causa delle frodi che avrebbero comportato. Si tratta del cosiddetto reddito di cittadinanza e del bonus edilizio.  Il ragionamento che viene fatto è il seguente: siccome c’è gente che ha approfittato di queste agevolazioni, non resta da fare altro che revocarle in tutto o almeno in parte. Il discorso è molto simile a quello che giustifica le punizioni collettive a scuola: siccome non si riesce a individuare il colpevole, si punisce tutta la classe.

Torniamo al reddito di cittadinanza e al bonus edilizio: il primo provvedimento è già stato largamente manomesso e devitalizzato, il secondo è in via di sbrigativa revoca. Tra le motivazioni spicca appunto la trasgressione di queste leggi di cui i cittadini avrebbero approfittato senza avere diritto alle agevolazioni in esse contenute.

Perché chi ha usufruito o vorrebbe usufruire di un diritto, avendone tutti i requisiti e rispettandone tutte le regole, dovrebbe vederselo revocato o vedersi impossibilitato ad esercitarlo in quanto alcuni suoi concittadini si sono comportati male abusandone colpevolmente o dolosamente? È un modo di legiferare sbrigativamente “barbaro”. Un tira e molla che fa a pugni con la certezza del diritto e con la serietà del legiferare e governare.

Sfioro soltanto il merito dei suddetti provvedimenti. Hanno sfondato o rischiano di sfondare il bilancio dello Stato? Bisognava pensarci prima e soprattutto occorreva mettere in atto tutti quei meccanismi di controllo tali da evitare abusi e violazioni, nonché far funzionare quella burocrazia che dovrebbe sovrintendere alla correttezza dell’applicazione delle leggi. È assurdo piangere sul latte versato decidendo di non comprare e consumare più latte.

Così come mi sembra inaccettabile che un governo alla sua entrata in carica cominci a smantellare le leggi precedentemente varate in una sorta di spoils system legislativo. Dal momento che il reddito di cittadinanza è stato varato da un governo “grillino” e porta voti al partito “grillino”, lo facciamo fuori; dal momento che il bonus edilizio puzza di centro-sinistra o per meglio dire di governo giallo-rosso, revochiamolo e non se ne parli più.

Non ho sentito valide analisi critiche su questi provvedimenti al di là di una generica incompatibilità finanziaria rispetto alle casse erariali. Non mi sembra un discorso sufficiente in quanto si potrebbero, caso mai, assestare i conti con altre manovre, con altre priorità, con altri tagli, con altre entrate, etc. etc.

Un’altra critica, più ideologica che generica, consiste nello squalificare il discorso dei bonus in quanto agevolazioni che cadono sui buoni e sui cattivi, sui ricchi e sui poveri e non comporterebbero scelte programmatiche a ragion veduta. Innanzitutto questa critica non mi pare possa essere comunque applicata al reddito di cittadinanza che è mirato a sostenere persone in gravi difficoltà a livello reddituale e lavorativo. Il bonus edilizio indubbiamente ha più un carattere contingente e genericamente propulsivo dell’economia: andrebbe però profondamente discusso nei suoi effetti a breve, medio e lungo termine ed inquadrato in una situazione di emergenza per un settore economico importante. Lasciando comunque perdere in tutti i casi la pregiudiziale negativa delle violazioni e delle frodi di varia natura.

In conclusione mi sembra che tutto rientri più in un certo modo di sgovernare  piuttosto che  in un modo serio e responsabile di legiferare. Forse varrebbe la pena che il Presidente della Repubblica intervenisse con la sua autorevole moral suasion e con la sua sensibilità istituzionale e costituzionale. Prima che si arrivi a rivolte sociali che potrebbero intervenire e che non sarebbero del tutto ingiustificate.