Il fascino indiscreto di Giorgia

“Il chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. È questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà”. Così ha testualmente detto il presidente Mattarella nel messaggio augurale agli italiani.

Al capo dello Stato vorrei chiedere quale sia il grande significato sociale e culturale dell’entrata a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni. Ma mi faccia il piacere… La parità uomo-donna non comporta di avere un occhio di riguardo per la donna, ma di riservare ad essa un uguale trattamento. Una donna, come del resto anche un uomo, non vale in quanto appartenente ad un genere, ma in quanto persona. Smettiamola di fare retorica e andiamo al sodo per prendere in considerazione e giudicare le persone a prescindere dal sesso di appartenenza. Se poi pensassimo che una donna a Palazzo Chigi possa favorire un’ulteriore emancipazione femminile, temo che sbaglieremmo di grosso, perché daremmo un’idea sbagliata di emancipazione coincidente con il fare necessariamente grandi carriere e quindi finiremmo col creare più illusioni e frustrazioni che impegno e responsabilità.

Al riguardo non mi stanco di fare riferimento ad una intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa” nell’immediato post-elezioni, da Edith Bruck, scrittrice, poetessa e traduttrice sopravvissuta alla shoah, scappata dall’Ungheria, suo Paese d’origine, settant’anni fa, che ha trovato rifugio in Italia ed è rimasta a viverci. Ha raccontato quello che ha visto nei campi e quello che è venuto dopo, il fardello che è stato “nascere donna, povera, ebrea, in una vita sola”, nei suoi libri e nelle scuole di tutta Italia, dove incontra gli studenti da anni, convinta che “l’educazione serve a tirare fuori il bene che sta dentro di noi”.

Mesi prima aveva firmato l’appello di Dacia Maraini per una presidente della Repubblica: disse in quell’occasione che però non le veniva in mente il nome di una donna per la carica. Si trattava cioè di stabilire un principio: le donne devono avere accesso alle più alte cariche dello Stato. Ma in Italia nessuna ha ancora maturato un’esperienza necessaria per quel ruolo. Meloni, invece, sarà premier. La prima premier donna. E questo non è un bene in sé. Anzi: spesso, nei posti di vertice, le donne diventano peggiori degli uomini, tendono a volerli superare, e fanno peggio di loro, sono ancora più spietate. Nei campi di concentramento, le kapò che ho incontrato erano peggiori degli uomini: inumane, cattive. Non è un fatto strutturale, naturalmente, ma di contesto. Non sono sicura che il Paese sia maturo abbastanza per lasciare che una donna ai posti di comando riesca ad essere chi è davvero. Meloni è circondata da uomini di un certo tipo, lavora in una struttura di un certo tipo. È amata da chi le dice cose terribili come “hai le palle”, cioè: vali perché sei come un uomo.

Mi ha sorpreso l’opportunistico scivolone di Mattarella, non me l’aspettavo proprio, anche perché si è trattato di una constatazione a cui è stato dato un rilievo improprio a prescindere dalla storia che Giorgia Meloni rappresenta e dalle idee che porta avanti: non c’è peggior cosa che non fare politica, dimenticandosi della politica. Il presidente della Repubblica infatti non deve fare politica in senso stretto e fin qui Mattarella è inattaccabile, ma non si deve dimenticare della politica o, ancor peggio, fingere che non esista, nascondendola dietro un risibile paravento sociologico di basso profilo.

Morale della favola: anche i primi della classe possono sbagliare. Forse questa possibilità li rende ancor più simpatici. Giorgia Meloni allora a qualcosa serve…