I rutti possono nascondere i ruggiti

Le reiterate scivolate neofasciste degli esponenti dell’attuale maggioranza di governo riconducibili al partito dei Fratelli d’Italia mi irritano assai, ma non si tratta soltanto di un fastidio “epidermico”, bensì di un’allergia ben più profonda e preoccupante. Non riesco a capacitarmi di essere governato da una classe politica che mantiene aperto il conto col fascismo e non ha nemmeno il buongusto di tacere, ma al contrario ostenta legami storici e politici con un passato impresentabile e vomitevole.

Non mi convince affatto la tesi dell’intellighenzia che va per la maggiore, autorevolmente rappresentata dal filosofo Massimo Cacciari, secondo la quale il fascismo sarebbe una storia finita e il pericolo per la democrazia non sarebbe più questo e insistere su questo tasto finirebbe col portare voti alla destra. In questa moderna (?) valutazione sono contenute affermazioni di vario genere.

C’è un giudizio storico di definitiva archiviazione del fascismo peraltro tutta da dimostrare: in Italia, più che mai, il fascismo non è stato una malattia sofferta e guarita fino in fondo e quindi non abbiamo gli anticorpi per combattere eventuali insorgenze delle varianti con cui il virus si può ripresentare.

C’è una valutazione politica sulla tenuta della democrazia e sui rischi che essa corre: non sarebbero più riconducibili al fascismo, ma ad altre derive e degenerazioni. Ho un concetto di fascismo piuttosto allargato, che valica confini storici e geografici e le sue tracce le vedo in molti fenomeni ed in molte esperienze di stampo dittatoriale, autoritario, autocratico ed in parecchi vizi dei regimi democratici stessi. Basti pensare al berlusconismo, che ne ha riproposto tante opzioni sul piano sociale, economico, finanche psicologico.

C’è infine un discorso opportunistico secondo il quale continuare a gridare al lupo non servirebbe a nulla se non ad addomesticare il lupo e a renderlo inoffensivo o addirittura attrattivo.  Su questo punto mi viene in aiuto il giornalista Andrea Scansi che, durante una puntata di Otto e mezzo su La 7 ha ribattuto ad uno stizzito Massimo Cacciari come, se uno facesse una gara di rutti in televisione e così raccogliesse voti, non per questo diventerebbe accettabile e non lo si dovrebbe criticare.

Con tutto il rispetto e l’ammirazione per Massimo Cacciari preferisco comunque rifarmi agli insegnamenti paterni, anche perché mio padre il fascismo lo ha vissuto veramente, non l’ha studiato sui libri, non lo ha discusso nei dibattiti: l’antifascismo era parte integrante e fondamentale della sua vita, a livello etico, culturale, storico, esperienziale, umano prima che politico. Su questo non si poteva discutere: quando mia madre timidamente osava affermare che però Mussolini aveva fatto anche qualcosa di buono, mio padre non negava, ma riportava il male alla radice e quando la radice è malata c’è poco da fare.

In secondo luogo perché resistenza (nel cuore e  nel cervello), costituzione (alla mano), repubblica (nell’urna) impongono una scelta di campo imprescindibile e indiscutibile: sull’antifascismo non si può scherzare anche se qualcuno tra revisionismo, autocritiche, pacificazione, colpi di spugna rischia grosso, finendo col promuovere il discorso di chi vuole voltare pagina, non capendo che coi vuoti di memoria occorre stare molto e poi molto attenti e che (come direbbe mio padre) “in do s’ ghé ste a s’ ghe pól tornär“.

Sì, caro professor Cacciari, dove si è stati si può anche tornare e chi mi garantisce che con Giorgia Meloni e c. non si stia scherzando col fuoco. Al di là dei disgustosi revival missini, in alcuni provvedimenti adottati dal governo si intravvede una logica fatta di intolleranza, di ordine, di discriminazione, di faziosità, che non lascia ben sperare.

Basti fare riferimento all’uso della decretazione d’urgenza per colpire le Ong. Dice al riguardo l’ex magistrato Armando Spataro: «Davanti all’ultimo dei decreti sicurezza, non resta che rispolverare “la disobbedienza civile”». Come membro del Comitato per il soccorso in mare e finanziatore dell’acquisto di una nave, sono convinto che non serve alcuna autorizzazione per salvare vite. Parliamoci chiaro: questo può definirsi, senza se e senza ma, come “decreto anti-ong”. Perché interviene senza neanche rinforzare le attività di soccorso che competerebbero allo Stato, ma segue una via populista con lo scopo di limitare le attività umanitarie, per l’ennesima volta in nome della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, che però non c’entrano nulla».

Io sarò fissato, ma ci vedo qualcosa di fascista, sento puzza di bruciato. Mi sono andato a risentire cosa diceva il professor Cacciari sul decreto sicurezza di Salvini nel 2019: condannava in modo plateale quelle misure non molto diverse da quelle attuali, le riteneva ingiuste e contrarie ad ogni e qualsiasi regola etica prima che giuridica. Non era e non è fascismo quello di Salvini e non è fascismo quello di Piantedosi? Più fascismo di così! Cacciari, per meglio spiegare il concetto della ripulsa verso le leggi ingiuste e contrarie ai diritti fondamentali della persona, fece addirittura un parallelo con le leggi razziali. Non capisco perché oggi sia così tollerante verso il governo Meloni e rifiuti categoricamente ogni e qualsiasi impeachment, almeno virtuale e culturale, a livello di neofascismo.

Concludo con un’amara prospettiva: in certe derive ci si scivola dentro quasi senza accorgersene, certe supposte entrano nel nostro organismo senza fare rumore o creare scompiglio. La metafora non è elegante, ma rende bene l’idea.