L’evasione barbarica

L’Italia è maglia nera sul fronte del mancato gettito dell’Iva. Il dato, relativo al 2020, emerge dall’ultimo rapporto della Commissione Europea pubblicato ieri sul “gap” Iva, e cioè la cifra mancante rispetto a quanto previsto. Complessivamente, ai 27 Stati membri sono “mancati” 93 miliardi di euro (il 9,1%).

L’Italia è in testa, appunto, con 26 miliardi di euro (anche se in flessione rispetto ai 31,08 miliardi del 2019). Una cifra che, da sola, basterebbe e avanzerebbe a coprire i 21 miliardi di euro previsti dal governo nella legge di Bilancio per il caro-bollette nel 2023.

L’Italia è seguita da Francia (14 miliardi di euro) e Germania (12 miliardi). Il Belpaese è invece terzo in termini di percentuale con il 20,8%, ovvero quindi più di un euro d’imposta evasa ogni 5 dovuti al Fisco, ma dietro economie assai meno sviluppate della nostra come la Romania con il 35,7% e Malta con il 24,1%; mentre i più “virtuosi” sono Finlandia (1,3%), Estonia (2%) e Svezia (2%).

Se è vero che, come sosteneva patriotticamente il presidente Sandro Pertini, l’Italia non è né prima né seconda a nessun altro Paese, purtroppo bisogna ammettere che vanta dei tristi primati che ne condizionano lo sviluppo socio-economico e l’assetto democratico.

Sono sostanzialmente tre i fenomeni negativi che ci contraddistinguono e che pesano sulla società come autentici macigni: la mafia e la corruzione in genere, la burocrazia e l’evasione fiscale. Sono difetti annosi e tra loro collegati.

Due parole sull’inefficienza burocratica. Molto tempo fa il ministro della riforma burocratica Massimo Severo Giannini, dopo qualche tentativo andato a vuoto, vista la difficoltà al limite dell’impossibilità di cambiare le cose, diede le dimissioni preannunciando di voler emigrare negli Usa. Giustamente l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini lo rimproverò aspramente. Avevano ragione entrambi?! Il primo si arrendeva di fronte alla forza delle procedure e degli apparati burocratici, il secondo strigliava la politica incapace di superare gli apparati.

Per commentare il fenomeno dell’evasione fiscale vado invece a prestito dalla saggezza di mio padre, che non era un economista, non era un sociologo, non era un uomo erudito e colto. Politicamente parlando aderiva al partito del buon senso, rifuggiva da ogni e qualsiasi faziosità, amava ragionare con la propria testa, sapeva ascoltare ma non rinunciava alle proprie profonde convinzioni mentre rispettava quelle altrui. Volete una estrema sintesi di tutto cio? Eccola! Rifletteva ad alta voce di fronte alle furbizie varie contro le casse pubbliche: «Se tutti i paghison e i fisson col ch’l’è giust, as podriss där d’al polastor aj gat…».

Aggiungo di mio una considerazione al limite del banale: le risorse per risanare i conti pubblici e per mettere le casse erariali in grado di sostenere le giuste riforme bisogna cercarle, trovarle e prelevarle laddove sono annidate. Occorre il coraggio di individuare la ricchezza e di sottoporla ad un equo prelievo fiscale. Da quando mi interesso di politica, vale a dire da sempre, ho sentito premettere e promettere una riforma fiscale. Se ne sono succedute parecchie, più o meno di carattere generale, ma non hanno ottenuto il risultato sperato. Spesso sono rimaste vittima di eccessi burocratici, spesso sono affondate nella confusione normativa, spesso hanno dribblato il problema di fondo per ripiegare sulla tassazione più facile da applicare.

Il discorso sarebbe lunghissimo. Mi limito a considerare che, se è vero che all’attuale governo, per onestà intellettuale, non possono essere imputate carenze risalenti alla notte dei tempi, è altrettanto vero che le prime mosse non lasciano ben sperare. Il condono, la permissività nell’uso del contante, la non obbligatorietà fino ad un certo limite per l’adozione del pos per i pagamenti, l’introduzione, seppur limitata, della tassa piatta, sono tutti segnali in grave controtendenza rispetto all’esigenza di una rigorosa azione fiscale. Non so se si tratti di una consapevole strizzata d’occhio ai potenziali evasori, di un tranquillizzante messaggio ai già consolidati evasori, di una resa all’evidenza dell’inscalfibile evasione. Certamente sono decisioni che non forniscono buone prospettive a chi aspetta qualche “inequità” in meno.

Qualcuno (il giornalista Antonio Padellaro) sostiene che gli Italiani così abbiano perso le elezioni e perdano sempre più la fiducia nella politica, che regolarmente li delude. È innegabile che, creando i presupposti per un governo di destra, gli elettori abbiano sorvolato su quanto insegna, seppur sommariamente, la storia: nei momenti di gravi difficoltà con la necessità di fare grossi sacrifici, è la sinistra a poter governare, mentre la destra è adatta a gestire le fasi di relativo benessere economico. Mi si dirà che anche la sinistra fa molta fatica a tassare i ricchi per sollevare i poveri, che anche Mario Draghi ha fatto ben poco in tal senso. Figuriamoci la destra!

Non mi sorprende quindi che il governo Meloni stia brancolando nel buio della impossibilità politica ad introdurre una tassazione equa quale presupposto per una redistribuzione della ricchezza a favore dei soggetti più in difficoltà. Gli Italiani, prima di votare, hanno buttato in aria il cappello e siccome l’aria sembrava tirare verso destra, sono andati in quella direzione. Adesso cominciano a rendersene conto, ma forse è un po’ tardi.

Resta il mistero della fede in Sergio Mattarella, resosi ulteriormente e clamorosamente evidente nella serata inaugurale della stagione lirica scaligera. Applausi frenetici ed interminabili, grida di riconoscenza e ringraziamento verso il Presidente, che non rappresentano un fatto isolabile localmente e culturalmente, ma lo specchio fedele di un comune sentire del popolo italiano. Come si concili un simile sentimento con il voto recentemente espresso, resta un interrogativo per certi versi sconvolgente. Gli elettori nelle urne hanno premiato coloro che si sono posti in drastica controtendenza rispetto alla visione istituzionale e politica portata avanti con grande fatica e senso di responsabilità da Sergio Mattarella. Valli a capire gli Italiani! Magari, di fronte alle cavolate iniziali del governo (eletto dal popolo, si dice con una forzatura democratica), si difenderanno sostenendo che tutti i gatti sono bigi e che ci hanno provato. Con una piccola differenza, che le scelte politiche non sono come quelle degli abiti da indossare, che si possono cambiare sbrigativamente.

Possibile che da un governo di destra si aspettassero un comportamento di giustizia fiscale? Impossibile, ma vero! Comunque forse pensano di mettersi a posto la coscienza e il portafoglio applaudendo Mattarella, il quale, da parte sua, non può che prendere faticosamente atto della situazione, cercando di smussare gli angoli contro cui rischiamo di sbattere la testa.