Magliette e manichini

Mio padre diceva con molta e gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a  guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón».

Ho accostato al riguardo due fatti che qualcuno iscriverà nel catalogo del folclore goliardico. Non sono affatto d’accordo. Vediamoli in cronaca per poi commentarli.

  • In tv con i simboli neofascisti. Enrico Montesano si è presentato alle prove dell’ultima puntata di “Ballando con le stelle” indossando una maglietta nera con il simbolo della X Mas, il reparto d’assalto della Marina militare fascista (Motoscafo armato silurante) e con il motto dannunziano “Memento audere semper”. Le immagini andate in onda in tv non sono passate inosservate e sui social si è scatenato il putiferio, con numerosi utenti indignati che hanno chiesto a gran voce l’esclusione immediata dell’attore dalla competizione. Tra i tanti commenti sui social di utenti indignati sulla maglietta sfoggiata da Enrico Montesano, anche quello di Fiorella Mannoia: “Ma si, ora va bene tutto, divise naziste scambiate per travestimenti di carnevale, saluti romani, commemorazioni fasciste, faccette nere, che vuoi che sia un nostalgico attore con una maglietta della Decima Mas.” (Tgcom 24)

 

  • Un manichino con le sembianze della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con indosso abiti militari, è stato appeso a testa in giù durante una manifestazione organizzata da due collettivi di Bologna che stavano manifestando il loro dissenso verso le politiche del nuovo governo e contro il caro energia. L’azione, documentata sulle pagine social degli stessi attivisti, è stata organizzata sotto le Due Torri, in Piazza di Porta Ravegnana, e per le vie del centro e vi hanno partecipato circa 200 persone. “La Meloni non è la benvenuta – si legge nel post che accompagna le foto dell’azione organizzata in centro nel tardo pomeriggio – a pochi giorni da un decreto ‘anti-rave’ ci troviamo nuovamente ad invadere le strade di Bologna. È facile attaccare mediaticamente la movida, la socialità per privarci della nostra libertà di creare antagonismo. Questo abuso nei confronti della dissidenza travestito da decreto è in realtà l’ennesima norma securitaria agitata da un governo fascista che ci vuole obbedienti, silenziose e, di fatto, oppresse”. (Avvenire)

C’è poco da fare, l’aria che tira puzza di neofascismo lontano un miglio e ognuno reagisce a modo suo: chi con provocatoria nostalgia, chi con provocatorio allarmismo. La violenza è presente in filigrana in entrambi i fatti: quella apologetica e quella vendicativa. Il timore è che entrambe le evocazioni possano essere prese sul serio dagli esaltati di turno.

Si dirà che è tutta colpa di chi sta rispolverando i fantasmi del fascismo per squalificare il governo di destra: se è per quello, il governo si sta squalificando da solo, ponendosi in inquietante continuità, riveduta e scorretta, con certe logiche (intolleranza verso le proteste studentesche, verso il ribellismo giovanile, verso l’immigrazione clandestina, verso la trasgressione sessuale, etc. etc.).

Si dirà che sta spuntando un tentativo di criminalizzare l’attuale governo, istigando le teste calde a reagire in modo scomposto tale da indurre a reazioni violente certe frange di oppositori sbrigativamente portate a scegliere estremi rimedi per estremi mali. Non si può seminare subdolamente divisione e conflittualità a livello istituzionale (presidenze di Senato e Camera, ministri in bilico costituzionale, governo forte con i deboli) per poi scandalizzarsi se in un simile clima qualcuno possa perdere la bussola del confronto democratico.

Scherzare col fuoco è un esercizio molto pericoloso e contagioso. Se comincia il governo, ci sarà inevitabilmente chi sta al gioco, aizzando il fuoco della nostalgia e chi non accetta lo scherzo (?) o, se si vuole, lo accetta fino in fondo, trasformandolo in fuoco purificatore di un passato tornato di moda.

Il rischio è che la situazione non finisca con magliette e manichini, ma in modo assai più incendiario. Possibile che gli italiani non abbiano messo in conto questi rischi, che non abbiano capito che le elezioni non sono un risiko, che la democrazia non ammette titubanze ed eccezioni, che guardando indietro si può finire nel tombino?

“Son Felice in-t-al tombén!”, grida il malcapitato, chiedendo aiuto ai passanti. “S’at si felice, alóra sta lì!”, gli rispondono alzando le spalle. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Sarà durissima!