La mongolfiera e il deltaplano

C’è poco da fare, la tentazione di dare subito un volto al PD è fortissima, magari per cominciare immediatamente a (s)parlarne. Un luogo comune della politica dovrebbe prevedere prima i programmi e poi chi li deve attuare. Si dice così, ma poi ormai che conta sono i leader. Il massimo della negatività si verifica quando non esistono né programmi né leader.

Checché se ne dica a destra dello schieramento politico qualche leader ci sta. Una leaderina c’è, Giorgia Meloni: non riesco sinceramente a capire cosa la gente ci trovi di leaderistico, ma evidentemente chi si contenta gode. Poi abbiamo l’intramontabile Silvio Berlusconi: un certo suo nostalgico, cosmetologico e caricaturale carisma rimane. Matteo Salvini è un leader in bilico, che si difende con le unghie e coi denti: poveri leghisti!

Proseguendo la ricognizione troviamo al centro due mezzi leader: Renzi e Calenda, che stanno insieme pur essendo diversi come il giorno e la notte. Un po’ di leaderismo glielo dobbiamo concedere anche se con molta fatica.

Il M5S, che può essere collocato nel limbo della politica italiana (troppo di sinistra per essere di destra e troppo di destra per essere di sinistra), ha trovato in Giuseppe Conte l’uomo del post-grillismo: il furbetto della situazione, che ci sta prendendo gusto. Gioca con le carte truccate, ma gioca e segna qualche punto a proprio favore.

Fermiamoci un attimo. E il partito democratico? Pur avendo a livello amministrativo un personale politico di un certo livello e a livello culturale alcuni cervelli pensanti, non ha elementi chiaramente in grado di assumere una vera e propria leadership. Si stanno profilando tuttavia due candidature, quella di Stefano Bonaccini e quella di Elly Schlein.

Il primo fa parte della categoria dei “pienissimi di seissimo”, per dirla in modo brutale dei “palloni gonfiati”, dei padreterni di periferia: si intesta i meriti della storia emiliana e del benessere socio-economico regionale. È il candidato della migliore e peggiore continuità. Ci sarebbe molto da discutere…

La seconda è la candidata della discontinuità nel segno della gioventù, del genere femminile, del nuovo che c’è anche se non si vede o che non c’è anche se si desidera che ci sia.

Bonaccini poterebbe servire “gattopardescamente” a cambiare tutto per non cambiare niente, Schlein potrebbe rappresentare una ventata che spazza via il partito per provare a costruirne uno nuovo. Senonché per fare un partito ci vorrebbe anche una storia alle spalle possibilmente senza rimanerne prigionieri. Bonaccini, a dargliela lunga, potrebbe costituire l’inizio dell’epoca di cambiamento della sinistra italiana; Schlein, ad essere generosi, potrebbe comportare un cambiamento di epoca. Magari, giocando sulle parole, finiranno per fare un ticket.

Dirò subito di essere neutrale rispetto a questa due candidature, aggiungendo però (alla Benigni) che Bonaccini non mi piace affatto. Non sono disposto a salire sulla mongolfiera bonacciniana. Le sue prime dichiarazioni a supporto della candidatura mi hanno confermato nel giudizio.

Tutto sommato si sta aprendo un congresso chiuso o si sta chiudendo, ancor prima di partire, un congresso aperto. Mi informerò meglio sulla giovane vita e sulle fresche idee di Elly Schlein. Basteranno per farne una leader capace di trovare una identità per il nuovo partito e un programma credibile per governare il Paese? Ho seri dubbi, ma tentare, o meglio, aspettare non nuoce.