Il boomerang missilistico

Mio padre era perfettamente consapevole dei rischi professionali che correva, se ne rendeva conto, riusciva perfino a scoprire i meccanismi psicologici che scatenano la paura o il panico. Al riguardo raccontava un episodio vissuto in prima persona: stava alacremente lavorando in tutta tranquillità alla sommità di una lunga scala a pioli, quando senza motivo gli capitò di abbassare lo sguardo e di avvertire che un pezzo di scala non era correttamente incastrato: il momento del brivido, all’acrobata avevano tolto improvvisamente la rete ed il gioco si faceva molto duro.

Raccontò di non avere retto l’impatto e di essere sceso con insolita e meticolosa prudenza, fischiettando timidamente per alleggerire la tensione, e di avere raggiunto terra con il sudore sulla fronte ed una tremarella insolita nelle gambe. Ma per lui l’aspetto singolare era quello di avere retto la situazione per molto tempo inconsapevolmente, come se niente fosse e di esser crollato psicologicamente non appena reso edotto della situazione abnorme e del precario equilibrio garantito da una scala non correttamente montata.

L’altra sera, quando abbiamo saputo della caduta di due missili in territorio polacco, vale a dire sul “nostro” campo, quello della Nato di cui facciamo parte, ci siamo spaventati, forse perché abbiamo percepito più direttamente il pericolo di essere coinvolti in un conflitto di cui parliamo, ma che in realtà sentiamo lontano.

Di missili ne sono caduti tanti, ma, tutto sommato, ci hanno lasciato indifferenti, li abbiamo visti come in un film di guerra: ne abbiamo chiacchierato molto al bar-sport della politica. Questa volta qualcosa era cambiato, anche se le prime precipitose reazioni dei leader politici italiani (Enrico Letta e Carlo Calenda: il centro-sinistra che teme di essere scavalcato a destra…) non hanno abbandonato il cliché del tifo prima ancora di sapere se il gol subito era valido, anticipando il responso del Var bellico tuttora in corso.

La lezione dovrebbe essere quella che ci fa capire la paradossale inutilità e insensatezza della guerra: un sostanziale e globale fuoco amico, che sta a indicare, nel gergo militare, quella situazione in cui soldati o mezzi vengono a trovarsi sotto il fuoco delle proprie batterie o di quelle alleate, ma che può essere concettualmente allargato in senso geo-politico, etico e persino diplomatico.

Marco Tarquinio su “Avvenire” lo spiega molto bene: “Le armi tradiscono sempre. L’umanità per principio e prima di tutto. Ma tradiscono anche, e molto più di quanto si ammetta, gli intenti di chi le schiera e di chi le scaglia. Rivelano o stravolgono quelle intenzioni, trascinando allo scontro, spingendo avanti l’incendio della guerra, travolgendo quel che resta del senno che dovrebbe impedire agli esseri umani di tornare a scannarsi. Oppure, e questo è l’unico tradimento che si può apprezzare, le armi mostrano e dimostrano che tradiscono persino chi le brandisce e le usa, nonostante creda di esserne perfettamente padrone. In due casi su tre questo è quello che è accaduto ieri al confine ucraino-polacco dove missili russi (prima notizia) o pezzi di missili russi abbattuti dalla contraerea ucraina (seconda notizia) o pezzi di missili ucraini usati contro missili russi (terza possibilità) o missili non russi (versione di Mosca) hanno distrutto e ucciso in terra di Polonia, cioè nel perimetro dell’Alleanza Atlantica, cioè in quella che siamo abituati a pensare come casa nostra”.

Ma questa amara, profonda e sconvolgente riflessione viene immediatamente messa a tacere con la solita tesi ribadita da Mikhailo Podoliak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky. “Solo la Russia è responsabile della guerra in Ucraina e dei massicci attacchi missilistici. Solo la Russia è la causa scatenante dei rischi, in rapido aumento, per i Paesi di confine. Non c’è bisogno di cercare scuse e rimandare le decisioni chiave: è ora che l’Europa chiuda il cielo sopra l’Ucraina, anche per la sua sicurezza. É l’unica logica possibile: la guerra è stata iniziata dalla Russia ed è alimentata dalla Russia. La Russia ha attaccato massicciamente l’Ucraina con missili da crociera, ha trasformato la parte orientale del continente europeo in un campo di battaglia. Quando un Paese aggressore lancia un massiccio attacco missilistico sull’intero territorio di un grande Paese situato nel continente europeo con le sue vecchie armi sovietiche, prima o poi si verifica una tragedia sul territorio di altri Stati”.

Pur con tutto il rispetto per le ansie dell’Ucraina e con tutto il disprezzo possibile per le smanie della Russia, non assomiglia alla futile scusa che da ragazzini si accampava durante i litigi: “È stato lui a cominciare…”? E allora continuiamo a chiacchierare di guerra al bar e ad incrociare missili a tutto spiano.