Meglio dissacranti auguri che stucchevoli elogi

Come ho già avuto modo di commentare, la sindacatura di Michele Guerra non parte in modo molto rassicurante e interessante per tutta una serie di motivi. La sua candidatura è nata da un compromessone politico, che chiamano “campo largo”, sotto l’egida di un PD, la cui fame arretrata è pari all’incapacità di preparare un buon cibo: ha faticato assai a trovare i suoi esponenti adeguati al ruolo di assessore, della serie “a ozlén ingordi ag crépa al gòz”.

Il centro-sinistra è bello come il sole: ha tirato un profondo respiro di sollievo dopo oltre trent’anni di astinenza dal potere in Parma ed a nessuno è passato per l’anticamera del cervello di capire cosa fosse successo nelle tornate elettorali precedenti. Hanno sbagliato sistematicamente il candidato-sindaco: dalla riproposizione di Stefano Lavagetto a dispetto di Tommasini, che ha giustamente contraccambiato il dispetto, alla candidatura di Albertina Soliani, donna politica di valore ma piuttosto estranea alla storia di Parma, dalla scelta burocratica di Alfredo Peri, il quale perse un sacco di voti a sinistra, a quella di un riciclato Vincenzo Bernazzoli rigorista ufficiale del PD, che riuscì a sbagliare il tiro a porta vuota (Giorgio Pagliari c’era e avrebbe vinto a piene mani, ma non piaceva all’establishment post-comunista degli Errani e dei Bersani), fino ad arrivare all’improvvisato candidato (quasi) civico Paolo Scarpa che perse senza infamia e senza lode.

Questa volta hanno evitato il peggio anche se rischiano di rovinare sul nascere il meglio. Vogliono infatti incapsulare Michele Guerra dopo averlo ingoiato a fatica, intendono condizionarlo, illudendosi di avere trovato pane morbido per i loro denti aguzzi anche se cariati. In molti lo stanno aspettando al varco del continuismo, alla prova del tirare a campare per non rischiare di tirare le cuoia.

Lui di suo ci mette ben poco, oscillante com’è fra l’ostentato niente piddino e il gracchiante pavoneggiamento pizzarottiano. Ci mette la cultura, i titoli accademici, la lingua sciolta, il perbenismo salottiero, diciamo meglio, ci mette l’erudizione e l’ambizione, mostrando carenza di personalità: pienissimo di séissimo? Forse sono cattivo, ma intendo solo rivendicare un sano diritto alla critica in nome del bene che voglio alla mia città.

Ricorre il centenario della Barricate dell’Oltretorrente e del Naviglio: ho letto alcune ricostruzioni storiche. Potremo avere il sindaco e la giunta del Centenario? Saremo costretti a vivere solo di ricordi? Dov’è finita la Parma popolare, resistente, antifascista, solidale, orgogliosa, coraggiosa. Dov’è finito il patrimonio di solidarietà sociale frutto dell’impegno di tante persone? Dov’è finito quel tessuto diffuso fatto di sensibilità ai problemi degli ultimi? Come mai tutto ciò non riesce a tradursi almeno in parte in una pubblica amministrazione piena di attenzione e di entusiasmo? Perché si va alla ricerca del fumoso evento straordinario quando si sente tanto bisogno di “ordinaria follia”.

Michele Guerra anche nella scelta dei cosiddetti tecnici non ha dimostrato autonomia, fantasia, cuore e creatività: ha semplicemente riempito alcune caselle. Ho aspettato per giorni e giorni l’acuto che non è arrivato, ne è uscita infatti una giunta piuttosto scialba, non da fischi, ma nemmeno da applausi. Mi si dirà: bisogna aspettare, è presto, speriamo che il tempo dimostri qualcosa di buono, in fin dei conti abbiamo evitato il peggio. Sul fatto che occorra aspettare, mi permetto di controbattere che siamo dentro un’attesa che dura da decenni; sul fatto che sia presto per giudicare penso che sia invece molto tardi (cosa aspettiamo altri dieci anni?); sulla speranza che è l’ultima a morire posso essere persino d’accordo, anche se conosco fin troppo bene la sorte che spetta a chi vive sperando; sul peggio ricacciato indietro non vorrei che diventasse un alibi per non puntare al meglio.

Dai politici, da un sindaco, dagli assessori pretendo innanzitutto il cuore, che viene prima dell’esperienza, della professionalità e della competenza.  Vorrei, come diceva don Lorenzo Milani, che facessero strada ai poveri, senza farsi strada. Vorrei, come diceva Giorgio La Pira, che si opponessero con energia massima a tutti i soprusi dei ricchi e dei potenti, che non lasciassero senza difesa la parte debole della città: chiusura di fabbriche, licenziamenti e sfratti trovassero una diga non facilmente abbattibile… Mi si obietterà che Parma è una città ricca. Di cosa???