Le mosse di base e i blocchi di vertice

Maria Campi, nome d’arte di Maria De Angelis, è stata una cantante, attrice e diva di varietà, italiana, celebre per essere stata l’inventrice della “mossa”, un provocatorio ed allusivo colpo d’anca. Dotata di bellezza molto vistosa, mandava appunto in visibilio il pubblico con la sua celebre “mossa” e, soprattutto, con motti romaneschi piuttosto salaci, attraverso i quali soleva interloquire con gli spettatori, durante l’esecuzione delle sue canzoni piccanti.

Lo scrittore Gianrico Carofiglio ha così commentato le “mosse” intervenute nel chiassoso dibattito sulla governabilità italiana garantita da Mario Draghi: «Sindaci e categorie si sono mossi per paura, ma potrebbe essere un fenomeno duraturo». Un numero enorme di primi cittadini ha inteso ribadire la fiducia delle loro comunità al premier ed alla sua compagine ministeriale, così come le associazioni di categoria hanno portato in campo la voce e l’opinione dei loro aderenti favorevoli alla prosecuzione dell’assetto governativo draghiano.

Intravedo alcuni rischi che probabilmente vanno al di là delle intenzioni dei promotori. Potrebbe trattarsi della ricerca di legittimazione istituzionale e sociale tramite la visibilità ed il protagonismo in un momento in cui ci sarebbe bisogno più di discreta e sobria azione che di retorica: della serie “ognuno cerchi di fare bene il proprio mestiere se vuole veramente aiutare il governo a governare”. Potrebbe perfino costituire una confusa sovrapposizione di ruoli: in poche parole una sorta di velleitaria surrogazione dei partiti in grave crisi di identità e rappresentatività. Non so fino a che punto la predica nasconda un pulpito comunque invischiato nelle sterili contrapposizioni pre o post politiche. Se è vero che tutto può fare brodo democratico, è altrettanto vero che in questo brodo non devono bollire parole al vento, ma seri metodi e programmi di governo a tutti i livelli.

Forse, come dice Carofiglio, serpeggia la paura, che spesso è cattiva consigliera, perché vede sbrigativamente il male dappertutto e sceglie l’apparente bene a portata di mano. Tuttavia quando si muovono le acque qualcosa può succedere se non altro a livello provocatorio. Speriamo che alla confusione partitica non si aggiungano quella territoriale e sociale. La problematica sintesi la dovrà operare appunto chi governa a livello centrale. Ho sentito in questi giorni un ragionamento saggio e positivo sul reddito di cittadinanza, che per avere un senso avrebbe dovuto trovare collocazione e gestione a livello comunale, laddove la vicinanza ai bisogni della gente si fa più concreta e pressante. Si parla molto anche di patto sociale auspicando un confronto serrato con sindacati e forze sociali. Questo dovrebbe essere lo spazio di manovra di sindaci e associazioni al di là e al di sopra delle momentanee ed istintive reazioni che durano poco.

Sanno i sindaci interpretare i bisogni della gente e rispondere concretamente ad essi senza rifugiarsi nella ristrettezza dei fondi a loro disposizione e nella protesta contro la stitichezza centrale ai danni della finanza locale? Sanno le forze economiche e sociali chiedere ai loro associati sacrifici in vista di programmi lungimiranti, riequilibranti ed equitativi? Forse Draghi aveva bisogno di consolidate disponibilità più che di momentanei appoggi.

La paura in effetti è il motivo popolare dominante che magari non esiterà un domani, più o meno ravvicinato, a rifugiarsi in avventurose scorribande elettorali di segno destrorso. Si tratta della schizofrenia della piazza, che, se si accompagna alla insulsaggine della politica, non può combinare che disastri incalcolabili.

Mi pare che Mario Draghi, dimostrando grande serietà e sobrietà, non abbia strumentalizzato le pulsioni di base per rafforzare la propria posizione, ma per far scoppiare le contraddizioni dei populisti cui sta venendo a mancare il popolo. Temevo che le posizioni extra-parlamentari a favore di Draghi finissero con indebolirne la forza politica, invece devo ammettere che sono servite a mettere le forze politiche con le spalle al muro, alcune delle quali si illudono di fare una passeggiata elettorale.

Speriamo che la gente, quando avrà in mano la scheda elettorale, capisca come sia inutile ed assurdo ascoltare ed applaudire il pianista per poi magari sceglierne uno peggiore alla prima occasione utile. Ricordo di avere partecipato ad una calda assemblea politica e di avere istigato ad un intervento pesante l’amico che avevo seduto di fianco. Ascoltò il mio appello, si diresse alla tribuna e inanellò un intervento talmente provocatorio da spingermi ad una clamorosa contestazione. Lui mi guardava incredulo. Avevamo combinato un disastro, mettendo una quantità di sale spropositata sulla coda della democrazia.