La gerarchia cattolica perde il pelo, ma non il vizio

Ricostruisco in breve una vicenda che sta accadendo nella diocesi di Verona. Il vescovo dà furbescamente ai sacerdoti indicazioni di voto in occasione della consultazione elettorale amministrativa. L’agenzia cattolica Adista scrive al riguardo.

Alla vigilia del ballottaggio fra i due candidati sindaco – Damiano Tommasi per il centro sinistra e Federico Sboarina sostenuto dalla destra –, il vescovo interviene per suggerire ai preti un “modus votandi” da trasmettere a loro volta ai fedeli, riproponendo così l’idea di una Chiesa clericale che, tramite i pastori, guiderebbe, in questo caso verso i pascoli di “destra”, il “gregge” dei fedeli laici, non ritenuti evidentemente capaci di pensiero autonomo. Una abitudine inveterata, questa del vescovo Zenti, che già nel 2015 aveva sostenuto esplicitamente con nome e cognome, in una lettera ai professori di religione, Monica Lavarini, candidata nella lista civica vicina al presidente uscente Luca Zaia per le elezioni regionali in Veneto e iscritta alla Lega Nord di Matteo Salvini (v. Adista Notizie n. 20/15).

Il sacerdote Marco Campedelli, qualche giorno dopo la diffusione della lettera di Zenti, risponde al vescovo con una nota che fa riferimento al libero pensiero e intende provocare un dialogo, un confronto, un «intelligente e responsabile dissenso», con tante domande poste al vescovo uscente. Non è il caso di entrare nel merito, peraltro condivisibile, di questo intervento critico.

Sembra che siano partite subito nei confronti del suddetto sacerdote minacce di licenziamento dal suo incarico di insegnante di religione presso il liceo Scipione Maffei della città. Un incarico che portava avanti da ben 22 anni, fulcro della sua vita professionale, e al quale teneva molto, sotto il profilo umano e pedagogico; un lavoro portato avanti sotto la stella polare di don Milani, improntato alla formazione di una coscienza critica in nome della “responsabilità culturale dello studente”, come la definì il teologo, di origine veronese, Romano Guardini.

La Curia ha fatto burocraticamente marcia indietro in merito al licenziamento (staremo a vedere…), ma ha calcato la mano dal punto di vista ecclesiale, introducendo un argomento di carattere sacramentale (?): “Il giorno dell’ordinazione, il 13 maggio di 33 anni fa, don Marco ha messo le sue mani nelle mani del Vescovo e gli ha promesso ‘filiale rispetto e obbedienza’, senza che nessuno lo obbligasse a far questo se non la sua libera coscienza come risposta ad una chiamata dall’alto, si puntualizza. Il rapporto quindi che lega don Campedelli al Vescovo è di natura non solo pastorale o giuridica, ma anche sacramentale, per chi ci crede. Quindi quando il Vescovo dice che don Marco non è in comunione con lui fa riferimento non solo all’idoneità per l’insegnamento della religione, ma anche a questo aspetto. Don Marco è stato mandato al Maffei 22 anni fa come sacerdote, non come laico. Chiediamoci se il suo antagonismo in nome di una libertà di coscienza svincolata da ogni responsabilità possa oggi configurare ancora la possibilità di una sua riconferma come sacerdote al liceo Maffei”.

Da una parte si esclude il licenziamento e dall’altra lo si brandisce come arma pseudo-sacramentale. Purtroppo, quando la gerarchia va in difficoltà nel merito delle questioni, la mette giù durissima a livello di obbedienza, che, per certi vescovi, rimane una virtù assoluta ed imprescindibile. Se questo è stile conciliare e sinodale…

Dice papa Francesco: «Per favore, che nelle vostre comunità mai ci sia indifferenza. Comportatevi da uomini. Se sorgono discussioni o diversità di opinioni, non vi preoccupate, meglio il calore della discussione che la freddezza dell’indifferenza, vero sepolcro della carità fraterna».

Dico io al Papa: «Per favore, intervenga per sollecitare un clima di vero dialogo e confronto, per ribadire il concetto della laicità della politica, il diritto dei credenti al dissenso, il rispetto per la diversità di opinioni, un’interpretazione caritatevole e aperta dell’obbedienza e la necessità della “sclericalizzazione” della Chiesa.

In cauda venenum. Che idea di Chiesa si saranno fatto gli allievi dell’insegnante di religione così sbrigativamente censurato per motivi politici, sia relativi all’ordinamento civile sia riguardanti l’ordinamento ecclesiale? Mi sembra che il vescovo di Verona non abbia dato una bella lezione a questi giovani, che, come diceva papa Paolo VI, per formarsi nella fede hanno la necessità di molti testimoni e quasi nessuna necessità di maestri della dottrina.