Uno sbrigativo ventilabro per l’aia della politica parmense

Sul settimanale “La voce di Parma” è apparsa un’analisi delle recenti consultazioni amministrative cittadine a dir poco disincantata, sconfinante nello scioccante o addirittura nello scandalistico. Ad un condivisibile articolo sulle minestre scaldate parmensi fa seguito un servizio sulla politica a luci rosse (forse sarebbe meglio dire luci psichedeliche, ma non è il caso di sottilizzare)) , che pesca impietosamente nel torbido di vicende passate, prendendo da esse la respinta per affrontare aspetti spiacevolmente inquietanti e sarcasticamente piccanti del presente, costringendo il lettore ad entrare sul terreno improprio, ma non per questo impraticabile, della moralità coniugata con l’accesso allo svolgimento di cariche pubbliche, come appunto quella di sindaco della città.

Ho iniziato nel lontano 2009 la collaborazione con questo giornale, che è stata da me interrotta dopo diversi anni per motivi riguardanti proprio un uso esagerato, accanito e scandalistico della verità, stile peraltro coraggioso ed ammirevole – in una città che tende a coprire tutte le magagne sotto il velo omertoso dei media locali – finché però non diventi  una sorta di ansia da “retroscenismo” a tutti i costi ed ancor meno da “puntiglio” di vedere sempre, comunque e dovunque il lato sporco della situazione. Di cose scorrette ce ne sono già tante, è giusto portarle allo scoperto, ma senza cattiveria, senza compiacimento, senza sbrigative illazioni e senza forzature. Ammetto come non sia facile trovare la misura tra la necessità di squarciare la cappa perbenistica di una città, che uno scrittore non esitò a definire provocatoriamente “nazista”, e le doverose serietà ed obiettività di cronaca.

Ricordo di avere fin dall’inizio timidamente eccepito sul pesante taglio che il direttore Fabrizio Castellini – lo considero uomo coraggiosamente fuori dagli asfissianti e fuorvianti schemi ducali, al quale peraltro debbo riconoscenza e amicizia per l’ospitalità e l’accoglienza riservatemi – usava e usa negli attacchi alle persone investite di incarichi pubblici. Allora era sotto battuta Pietro Vignali sindaco dell’epoca.

Mi rispose con un’argomentazione oserei dire “costituzionale”. Disse: “Un cittadino qualsiasi ha diritto di andare a letto con chi vuole, di assumere droghe, di fare i propri porci comodi…Io non ho niente da dire. Ma se questa persona amministra la mia città o riveste comunque funzioni di interesse pubblico non mi sta per niente bene. Esigo correttezza anche nella vita privata, in quanto la vita privata finisce con lo scantonare inevitabilmente in quella pubblica e viceversa”. Al di là di un certo discutibile accanimento tutt’altro che terapeutico, il discorso non fa una grinza. Non è un caso se chi scrisse la Costituzione Italiana chiese che le funzioni pubbliche venissero assolte “con onore”. Recentemente un mio carissimo amico impegnato in politica, interpellato per le vie breve, sul curriculum sentimental-sessuale di Michele Guerra, candidato in odore di assai probabile sindacatura decennale, ha risposto laconicamente che “se ci mettiamo su questo piano non ne usciamo vivi”. Lui infatti nei giudizi e nei rapporti con i politici non ha mai mescolato vita pubblica e privata, dimostrando una correttezza esemplare. Anch’io, come noto, non sono affatto un bigotto e un intransigente moralista e non sono solito distrarmi col gossip a luci più o meno rosse. Ciò non toglie che un po’ più di moralità pubblica e…privata non farebbe male, ne avremmo tutti da guadagnare. Non oso giudicare nessuno, ma certe cose non mi fanno piacere, perché purtroppo non sono irrilevanti.

Il direttore Castellini torna a chiamare in causa mia sorella Lucia, per fortuna con toni leali e positivi: venne tirata per i capelli dentro una vicenda spiacevole riguardante la sindacatura di Elvio Ubaldi, pagando di persona per la propria correttezza umana e politica, a dimostrazione che l’immoralità privata scantona (quasi sempre) in un miscuglio esplosivo di ricatti e vendette a spese della collettività. Non posso dire che il “sacrificio” di Lucia venga ricordato a sproposito, al contrario penso che meriti rispetto e ammirazione: rappresentava una ventata di aria fresca e pulita in un ambiente talora inquinato anche da situazioni scabrose. In riferimento a mia sorella preferisco però ricordare quanto mi disse il bravo giornalista Antonio Mascolo alla sua morte: “Con lei è morta una persona che sapeva rappresentare e interpretare la vita della gente, in particolare quella schietta e semplice dell’Oltretorrente”. Forse se ne sente più che mai la mancanza.

Per la consultazione elettorale che stiamo vivendo, alle considerazioni sullo squallore qualitativo emergente dalla politica locale, sulla pochezza dei contenuti che si intravedono, si devono purtroppo aggiungere quelle di cui sopra, fatte peraltro con “par iudicio candidatorum”, senza cattiveria, ma gridando comunque “pulizia”.