L’Onu messo in Buĉa

Come ho già avuto modo di scrivere, mi vanto di avere, politicamente parlando, una mentalità laica, rifuggente da ogni e qualsiasi integralismo, cattolicesimo compreso. Anche quando militavo nella Democrazia Cristiana ho sempre ritenuto che questo partito dovesse liberamente ispirarsi ai principi cristiani, senza per questo esserne l’automatica trasposizione politica alla luce degli insegnamenti ecclesiastici.

Questa brevissima precisazione, che potrebbe sembrare una “excusatio non petita”, vuole spiegare il mio insistito ricorso ai messaggi papali durante questo periodo in cui siamo letteralmente sprofondati in un clima di guerra. Solo la voce dei pontefici, da Giovanni XXXIII a Paolo VI per arrivare fino a Francesco può illuminare il buio in cui brancolano non solo i potenti della terra, ma anche coloro che interpretano i fatti di guerra.

Il 4 ottobre 1965 Paolo VI alle Nazioni Unite gridava il suo “Mai più la guerra”. Riporto di seguito un paio di passaggi di questo storico discorso rimasto purtroppo assai inascoltato. In quel consesso diede ai rappresentanti politici di tutta l’umanità la più credibile delle lezioni.

Voi esistete ed operate per unire le Nazioni, per collegare gli Stati; diciamo questa seconda formula: per mettere insieme gli uni con gli altri. Siete una Associazione. Siete un ponte fra i Popoli. Siete una rete di rapporti fra gli Stati. Staremmo per dire che la vostra caratteristica riflette in qualche modo nel campo temporale ciò che la Nostra Chiesa cattolica vuol essere nel campo spirituale: unica ed universale. Non v’è nulla di superiore sul piano naturale nella costruzione ideologica dell’umanità. La vostra vocazione è quella di affratellare non solo alcuni, ma tutti i Popoli. Difficile impresa? Senza dubbio. Ma questa è l’impresa; questa la vostra nobilissima impresa. Chi non vede il bisogno di giungere così, progressivamente, a instaurare un’autorità mondiale, capace di agire con efficacia sul piano giuridico e politico? 

Anche a questo riguardo ripetiamo il Nostro voto: perseverate. Diremo di più: procurate di richiamare fra voi chi da voi si fosse staccato, e studiate il modo per chiamare, con onore e con lealtà, al vostro patto di fratellanza chi ancora non lo condivide. Fate che chi ancora è rimasto fuori desideri e meriti la comune fiducia; e poi siate generosi nell’accordarla. E voi, che avete la fortuna e l’onore di sedere in questo consesso della pacifica convivenza, ascoltateci: fate che non mai la reciproca fiducia, che qui vi unisce e vi consente di operare cose buone e grandi. sia insidiata o tradita. (….) 

E allora il Nostro messaggio raggiunge il suo vertice; il vertice negativo. Voi attendete da Noi questa parola, che non può svestirsi di gravità e di solennità: non gli uni contro gli altri, non più, non mai! A questo scopo principalmente è sorta l’Organizzazione delle Nazioni Unite; contro la guerra e per la pace! Ascoltate le chiare parole d’un grande scomparso, di John Kennedy, che quattro anni or sono proclamava: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità”. Non occorrono molte parole per proclamare questo sommo fine di questa istituzione. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità! 

Giustamente il presidente ucraino Zelensky, anche alla luce degli orrori vieppiù emergenti, di cui sono vittime i civili del suo popolo, si è appellato un po’ “sgarbatamente” all’Onu impastoiato nei suoi equilibrismi globali e incapace di svolgere un’azione concreta almeno di deterrenza verso le guerre e i loro catastrofici effetti.  Purtroppo l’Onu non può che rispondere picche, non riesce a distinguere aggressori ed aggrediti, carnefici e vittime: è come “il gallo della Checca”, che tutti segue, tutti becca, e non conclude nulla.

Non si dovrebbe trattare di una sorta di tribunale internazionale con sentenze e scomuniche che lasciano il tempo che trovano, ma della sede ideale per esplicare autorevolmente e pressantemente gli sforzi diplomatici volti a risolvere i conflitti, facendosi poi garante degli eventuali ed auspicabili accordi di pace.

Siamo alla frutta e davanti alla colpevole ed egoistica inerzia delle Nazioni, ci mettiamo a posto la coscienza con l’attesa di un intervento papale, che possa sbloccare una situazione sempre più drammatica. Riporto un altro breve passaggio della conferenza stampa di Papa Francesco di ritorno da Malta.

Jordi Antelo Barcia (RNE)

Buona sera, Santità. Oggi ci hanno colpito le immagini arrivate da Bucha, un paese vicino a Kiev, abbandonato dall’esercito russo dove gli ucraini hanno trovato decine di cadaveri buttati per strada, alcuni con le mani legate, come se fossero stati “giustiziati”. Sembra che oggi la Sua presenza in quella zona sia sempre più necessaria. Pensa che un viaggio come questo sia fattibile? E quali condizioni dovrebbero darsi affinché Lei possa andare là?

Papa Francesco

Grazie per dirmi questa notizia di oggi che non conoscevo. Sempre la guerra è una crudeltà, una cosa inumana e va contro lo spirito umano, non dico cristiano, umano. È lo spirito di Caino. Io sono disposto a fare tutto quello che si possa fare; e la Santa Sede, soprattutto la parte diplomatica, il Cardinale Parolin, Monsignor Gallagher, stanno facendo di tutto, di tutto; non si può pubblicare tutto quello che fanno, per prudenza, per riservatezza, ma siamo al limite del lavoro. Fra le possibilità c’è il viaggio. Ci sono due viaggi possibili: uno, me lo ha chiesto il Presidente della Polonia, di inviare il Cardinale Krajewski a visitare gli ucraini che sono stati ricevuti in Polonia. Lui è andato già due volte, portando due ambulanze, ed è rimasto lì con loro ma lo farà un’altra volta, è disposto a farlo. L’altro viaggio che qualcuno mi ha domandato, più di uno: io ho detto con sincerità che avevo in mente di andarci, ho detto che la disponibilità sempre c’è, non c’è un “no” a priori, sono disponibile.

Contiamo sulle ferme parole del papa e sulle sue traballanti gambe. Se aspettiamo che si muova l’Onu o la Ue, gli ucraini fanno in tempo a sparire dalla faccia della terra. Il diritto di veto dei singoli Stati paralizza sul nascere ogni intervento pacificatore: prevalgono gli interessi nazionali e dietro di essi quelli che papa Francesco ha definito “gli schemi di guerra”.

«Nell’attuale guerra in Ucraina, assistiamo all’impotenza delle Organizzazioni delle Nazioni Unite». Così Papa Francesco durante l’Udienza Generale incentrata sul viaggio apostolico a Malta. «Oggi si parla spesso di ‘geopolitica’, ma purtroppo la logica dominante è quella delle strategie degli Stati più potenti per affermare i propri interessi estendendo l’area di influenza economica, ideologica e militare», ha sottolineato il Pontefice che ha aggiunto: «Lo stiamo vedendo con la guerra».

E allora non so se sia eticamente corretto “pretendere” dagli ucraini una resistenza ad oltranza, aiutandoli in questa battaglia impari, cercando di colmare con ulteriori aiuti militari le loro ovvie e pur coraggiose debolezze, ben sapendo che la carneficina tende a proseguire nonostante i nostri farisaici anatemi e i nostri coccodrilleschi pianti sul latte versato in battaglia e oltre.

Non rimane che puntare in fretta e furia sull’avvio di una maxi-trattativa di carattere imperiale: i tre imperi (Usa, Russia e Cina) più uno (Ue). Non voglio sembrare irriverente e sarcastico: siamo al supermercato della pace (o della guerra?), l’offerta speciale è questa. Prendere o lasciare. A meno che il papa non abbia altre “armi” al suo arco pacificatore. Lui ne sa certamente una più del diavolo…