La solitudine delle nazioni prime

Lo sgarbo di Putin a Guterres: lo fa attendere per ore, niente stretta di mano e tenuto a distanza con il “tavolone”. Nonostante il sorriso con cui lo ha invitato a sedere, l’avvio del vertice a Mosca tra Guterres e Putin non è iniziato con segnali di apertura. Il presidente russo ha fatto fare anticamera per alcune ore al segretario generale dell’Onu, poi al momento dell’incontro non lo ha accolto con una stretta di mano, anzi lo ha tenuto a distanza con il famigerato “tavolone” già visto in altri incontri, una forma di distacco e (a quanto dicono gli esperti) diffidenza di Putin verso i suoi interlocutori, compresi i suoi ministri (La Stampa).

La prima tentazione sarebbe quella di mandare Putin all’inferno: prima o poi, se va avanti così, sprofonderà in esso senza bisogno di spinte da parte nostra. Invece è giusto e opportuno ingoiare il rospo e dialogare nonostante tutto. Questa è la potente arma da usare! Sono sicurissimo che alla lunga vinca.

Se in questi ormai due mesi di guerra anziché insultare, sanzionare ed esorcizzare Putin lo si fosse messo alle strette in senso dialogico, prospettandogli tutte le conseguenze del suo folle comportamento e offrendogli qualche via d’uscita dal tunnel in cui si è cacciato, non dico che avremmo interrotto la spirale bellica, ma messo qualche dubbio in lui e soprattutto nella popolazione russa, togliendogli qualche possibilità di continuare a disinformare la sua gente.

Guterres non è un uomo di potere e questo apparentemente lo indebolisce: credo invece che la sua autorità morale possa scalfire la scorza protettiva costruita attorno a Putin. Non bisogna lasciarlo solo, mandarlo allo sbaraglio, guardare alle sue mosse con la riserva mentale del “va’ avanti ti ch’am scapa da rìddor”. Potrebbe essere una versione politica dello scontro biblico fra Davide e Golia: da una parte la forza bruta della guerra dall’altra la forte debolezza delle ragioni di pace.

Non intendo fare del romanticismo pacifista, ma quella del dialogo mi sembra l’unica strada alternativa: per dirla con papa Francesco, l’adozione dello schema di pace in sostituzione di quello bellico di cui siamo prigionieri. Non vedo sinceramente altra soluzione se non la testarda ricerca del dialogo, che geopoliticamente parlando si chiama diplomazia.

Mio padre si poneva la domanda retorica del perché per fare una guerra ci si trovi tutti immediatamente d’accordo, mentre per vivere in pace ci siano mille ostacoli da superare: l’irrazionalità della politica e della vita umana.

Giordano Stabile su La Stampa scrive che ormai è svelato il vero piano degli Stati Uniti dietro il conflitto in Ucraina: annientare la Russia fornendo armi all’Ucraina in modo tale che Putin non possa minacciare almeno per un decennio rappresaglie contro altri Paesi. É questo uno dei piani degli Stati Uniti che trapela dalle dichiarazioni di ieri del segretario della difesa degli Usa Lloyd Austin. Un progetto che sembra non poter essere scalfito neppure dalle minacce di Sergej Viktorovič Lavrov ovvero quello di scatenare un Terza guerra mondiale nel caso in cui continuasse l’armamento delle forze ucraine.

Se è così, occorrerebbe innanzitutto che l’Europa, il più compattamente possibile, chiarisse con gli Usa che questa strategia è incompatibile con gli interessi europei: non è infatti accettabile che il nostro continente diventi il cortile in cui ci si esercita alla guerra, in cui si fanno le prove alla ricerca di nuovi equilibri di potere graditi agli Usa. C’è un primo livello di dialogo tra i Paesi europei, per poi arrivare al confronto con gli americani: prima di dialogare col “nemico” bisognerebbe trovare un po’ di accordo fra gli “amici”.

In seconda o terza battuta bisognerebbe dialogare con la Cina snidando i suoi inconfessabili progetti di “annessione” della Russia: dove vuole parare la Cina? Mentre la Russia si affida all’uomo forte, la Cina si affida al partito forte, l’Occidente si dovrebbe affidare alla democrazia: il condizionale è d’obbligo. È certamente difficile confrontarsi tra soggetti che adottano schemi statuali completamente diversi, forte è la tentazione di rinunciare o di bilanciare i rapporti solo in chiave di vomitevoli tornaconti.

Difficile non vuol dire impossibile! Soprattutto non vuol dire rinunciare fin dall’inizio, dando per scontata la guerra e usando solo il linguaggio delle armi. Provare, riprovare, a costo di prendere l’uscio sul muso. Prova oggi, riprova domani, chissà che qualcosa possa succedere. Non sarà comunque tempo perso.