È passato poco più di un mese da quando a margine della vicenda dell’elezione quirinalizia scrivevo: “Ho scelto di appoggiarmi ai servizi speciali de La 7, facendo qualche sporadica capatina sulla Rai durante le pause pubblicitarie: una differenza abissale di qualità a sfavore della Tv di Stato, un vergognoso gap tra lo stile delle due emittenti. Niente di scandaloso, d’accordo, ma che un pubblico servizio si faccia così gravemente superare da un servizio privato, non è certamente un fatto positivo e la dice lunga su tutto l’assetto del nostro sistema”.
In questi giorni, dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina in avanti, devo ammettere che la situazione qualitativa dell’informazione televisiva si è capovolta a favore della Rai, la quale ha recuperato un ottimo livello di intervento, inanellando un’articolata, coordinata e continuativa serie di speciali decisamente interessanti ed invitanti. A cosa ascrivere questo clamoroso e positivo cambio di passo televisivo?
Sicuramente l’argomento “guerra” induce a toni meno chiacchieroni e più approfonditi e realistici: la Rai è riuscita nell’intento e sta fornendo un servizio molto apprezzabile, puntando molto sulla diffusa e valida rete di corrispondenti dall’estero, finalmente utilizzati al massimo delle loro possibilità e disponibilità. Giornalisti che dimostrano di avere esperienza e capacità per fornire un quadro non solo politico, ma anche socio-culturale del mondo in cui viviamo.
Probabilmente il nuovo assetto dirigenziale delle testate giornalistiche della Rai sta funzionando e dando qualche risultato positivo. Resta una certa dispersione al limite dello spreco di forze, tuttavia i contenuti si sono alzati e le reti Rai mi hanno tenuto incollato al video: non ho avuto la tentazione di fare zapping, sono rimasto fermo nonostante i fastidiosi intermezzi pubblicitari.
Un terzo elemento di vantaggio della Rai è forse il fatto di avere una incidenza inferiore della pubblicità sui palinsesti rispetto alle televisioni private, la Sette in particolare. Su un argomento delicato come quello della guerra le continue interruzioni pubblicitarie sono oltre modo invadenti e invasive e tolgono credibilità alle trasmissioni in cui vengono inserite: sono un autentico pugno dello stomaco per chi vuole affrontare certi problemi con il rispetto e la serietà che meritano. L’ideale sarebbe che certe trasmissioni potessero andare completamente esenti dal gravame pubblicitario, ma averne un po’ meno è già un fatto altamente positivo.
Un quarto elemento che può spiegare la riscossa Rai può essere la scopa nuova amministrativa, che, alla prova dei fatti, sta facendo una certa pulizia e sta dando una spinta a tutti gli operatori dell’informazione. Si tratta di impressioni, che mi auguro non trovino smentita quando sarà passata la nottata dell’ansia informativa e tornerà il solito tran-tran chiacchierone e salottiero.
Non so se i dati dell’audience confermino le mie sensazioni e i miei giudizi. Spero che la gente non preferisca la leggerezza e si voglia impegnare non bevendo le solite quattro cavolate propinate dai media. Può darsi che il palato sia stato rovinato, purtroppo succede.
Come non ricordare mio padre, dotato di una mentalità aperta, disponibile al dialogo, alla notizia, al fatto, all’evento. Conseguentemente riservava molta attenzione ai mezzi di informazione del tempo: giornali, radio, televisione. Un vero e proprio simbolo nella vita di mio padre era il giornale quotidiano. Credo che, fatti salvi i giorni di assoluto e totale impedimento, non abbia mai rinunciato al giornale, parola che, come annotava simpaticamente mia madre, era pronunciata da lui in modo dialettale, rotondo nella pronuncia, con una punta di enfasi: “Al giornäl”. E soprattutto negli anni di vita intellettualmente più vivaci, non si trattava del misero, anche se blasonato, quotidiano locale, ma di un giornale che portava in se qualcosa di più rispetto alla lettura parziale e localistica degli avvenimenti: cercava uno strumento di informazione che, seppur discutibile nei suoi contenuti, mettesse lui e tutta la famiglia in condizione di capire cosa stava succedendo al di là “dal cantón con borgh Bartàn”. Nei giorni scorsi ho ricordato più volte il suo approccio critico e disincantato ai problemi internazionali e della guerra in generale, mi piace prenderlo a riferimento anche nel giorno in cui finalmente prendo atto di un po’ di informazione che mi aiuta ad allargare la mente, proprio come piaceva a lui.