Il pirandelliano esame a Putin

L’Assemblea straordinaria dell’Onu ha approvato la risoluzione di condanna dell’invasione della Russia in Ucraina. I voti a favore della risoluzione sono stati 141. I voti contrari 5: i Paesi che hanno votato contro sono Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del nord e Siria. Sono 35 gli Stati astenuti, tra questi ci sono la Cina e l’India, ma anche Algeria, Angola, Armenia, Bangladesh, Bolivia, Burundi, Rep. Centrafricana, Congo, Cuba, El Salvador, Guinea Equatoriale, Iran, Iraq, Madagascar, Mongolia, Namibia, Senegal, Nicaragua, Pakistan, Uganda, Sudan, South Africa, South Sudan, Sri Lanka, Tanzania, Vietnam e Zimbabwe.

A prescindere dalla efficacia legale tendente a zero, questo pronunciamento ha comunque un certo valore geopolitico. Putin ne esce isolato dal resto del mondo oppure accompagnato da omertose, strumentali e interessate noncuranze? D’acchito sembrerebbe valida la prima ipotesi, se però si scorre il lungo elenco degli astenuti si nota che non si tratta di Paesi marginali e insignificanti, ma di un consistente e variegato spaccato di mondo, preoccupato quanto meno di non irritare Putin.

In questi giorni gli esperti si sbizzarriscono ad analizzare i punti di forza e debolezza del regime putiniano: mi sembra giusto chiamarlo così, perché al di là di tutto la Russia vera e propria c’entra come i cavoli a merenda. Un gioco Pirandelliano che, a seconda dei punti di vista, porta a giudicare Putin forte o debole, isolato o mal accompagnato, traballante o ben in sella.

Quanto al posizionamento a livello internazionale, si dice che l’Occidente sia compatto nel porsi di fronte a questa drammatica contingenza internazionale: gli Usa, la Ue, i Paesi Nato sarebbero uniti nel condannare e contrastare l’invasione dell’Ucraina. Se però andiamo un po’ a fondo ci accorgiamo che agli Usa interessa poco questa guerra: si intravede la ormai consolidata posizione di scaricabarile sull’Europa. D’altra parte è difficile controbattere alla critica statunitense verso gli europei, colpevoli di stare nella Nato più a parole che coi fatti (leggi stanziamenti di fondi). Se ci guardiamo indietro vediamo posizioni tattiche molto diversificate, molte code di paglia, molte strizzate d’occhio: l’Italia ha il triste primato di una storica simpatia berlusconiana, che arrivava a considerare Putin come il più grande statista presente sulla scena internazionale. Improvvisamente tutti allineati e coperti? Difficile da credere.

Quindi più si approfondisce l’argomento e più sorgono seri dubbi sull’isolamento putiniano: lui lo sa e certamente ne tiene spregiudicatamente conto. Non escluderei che possa avere nell’armadio qualche scheletro europeo e persino statunitense, da tirare fuori al momento opportuno.

Altra questione pirandelliana: la Russia di Putin è forte o è debole? Fortissima se la forza si misura sulle testate nucleari, ben piazzata sui mercati mondiali se si considera la disponibilità di materie prime, piuttosto debole se si guarda all’industria ed ai commerci, per non parlare del livello di vita dei cittadini. Allora abbiamo a che fare con una temibile potenza o con un regime che si fonda sul ricatto internazionale?

Quante ipotesi si fanno poi sul consenso interno di cui godrebbe Putin! Chi lo vede traballante a livello di pubblica opinione più smagata (quella delle grandi città), chi lo considera ben radicato nella mentalità delle sconfinate periferie, chi lo ritiene isolato rispetto alle intellighenzie culturali, chi ne teme la incontenibile spinta autoritaria e repressiva. In poche parole sembrerebbe un dittatore che scatena guerre per recuperare un consenso popolare che gli sta sfuggendo di mano, anche se obiettivamente gli va riconosciuta la capacità di interpretare l’umore e la sensibilità di una sfuggente e incomprensibile Russia.

Le narrazioni a confronto sono tante ed è difficile sintetizzarle: il fenomeno Putin è molto complesso e per certi versi molto imbarazzante, anche perché va declinato nello storico ginepraio della storia passata e recente. Allo spargimento di sangue si aggiunge quello di fake news con accuse che fanno più ribrezzo che scalpore. L’ambasciatore russo alle Nazioni Unite ha spiegato: “La nostra operazione militare sarà completata, ma non prendiamo di mira i civili. Non credete alle fake news”. I negoziati sono un’autentica e deviante farsa diplomatica.

Tutto come da copione. Si fa finta di stupirsi di una guerra annunciata da tempo: le responsabilità si perdono nella notte dei tempi e riguardano tutti, Ucraina compresa, i cui peccati vengono taciuti per carità verso chi sta morendo sotto le bombe. Dire queste cose può sembrare una indiretta assoluzione per Putin: tutti colpevoli, nessun colpevole. Attenzione però a non fare la parte dei medici pietosi che fanno puzzolente la piaga ucraina, anche perché nessun dittatore, persino il più assordo ed abominevole, come potrebbe essere considerato Putin, è un’isola.

Qualcuno pensava che volesse sbarazzarsi in pochi giorni della pratica Ucraina, qualcuno ritiene che stia ripiegando su una tattica annosa, qualcuno lo vede “più bello e più superbo che pria”, altri lo vedono in gravi difficoltà. Resta il fatto che muore tanta gente e, come sosteneva mia madre, in queste situazioni è meglio morire piuttosto che perdere tutto e andare alla disperata ricerca di tutto. D’altra parte la guerra è questa, non facciamoci l’abitudine, ma non facciamo nemmeno finta di essere seri.