Crassa ignoranza, comodo manicheismo, presuntuosa intelligenza

Il dibattito sull’invasione dell’Ucraina si svolge purtroppo all’insegna delle peggiori categorie culturali e di pensiero. Si contendono la scena, in una sorta di massacro della razionalità, gli ignoranti che si credono dotti, i manichei che scadono nella tifoseria, gli intelligenti che peccano di protagonismo.

  • Della prima folta schiera fa parte di diritto Massimo Giletti, insopportabile conduttore televisivo. Non ce n’era bisogno, ma comunque a dimostrazione della sua ignoranza, maldestramente camuffata con presuntuosa prestanza fisica e dialettica, si può prendere lo scivolone clamoroso in diretta tv, durante l’intervista a Massimo Cacciari a Non è l’Arenasu La7. Il conduttore ha commesso una enorme gaffe, mentre faceva una domanda al filosofo sullo scrittore russo Fëdor Dostoevskij, che proprio nei giorni scorsi è stato motivo di polemica, per via della decisione dell’università Bicocca di Milano di sospendere il corso a lui dedicato e tenuto dal professore Paolo Nori a causa della guerra in Ucraina.  E così mentre Cacciari sottolineava come il pensiero dello scrittore non andrebbe bandito, ma condiviso e reso obbligatorio negli atenei, Giletti ricordava invece “quello straordinario diario scritto proprio da Dostoevskij sulla Prima Guerra Mondiale, sulle sue atrocità”. Le sue parole, però, hanno sorpreso il filosofo, che quindi ha interrotto il conduttore e lo ha corretto: “Scusi se la correggo, ma Dostoevskij sulla Prima Guerra Mondiale non ha scritto proprio niente, perché è morto molto prima”. L’autore russo, infatti, è scomparso nel 1881.  A quel punto Giletti, come riporta il sito it, ha provato a correre ai ripari. E Cacciari lo avrebbe aiutato, citando il Diario di uno scrittore pubblicato nel 1873 nel quale Dostoevskij evocava il futuro buio dell’Europa e la catastrofe a cui stava andando incontro. “La sua era una profezia”, ha detto alla fine Giletti.

 

  • Alla seconda categoria, quella che vorrebbe liquidare l’argomento con una filippica contro il dittatore russo e una stringente perorazione all’Occidente per sostenere a tutti i costi l’Ucraina, si è stranamente iscritto Gianni Riotta con la sua lista di presunti filo-Putin italiani. Ha suscitato più di una polemica nei giorni scorsi il suo articolo su “La Repubblica” dove mette in fila in una ipotetica “lista di proscrizione” tutti i filo-Putin o presunti tali che esistono oggi in Italia. L’editoriale di Riotta è come se avesse indicato “al pubblico ludibrio” chi fino ad oggi in qualche modo abbia sostenuto Putin. Per farlo, l’ex direttore del Sole 24 ore cita uno studio della Columbia University in merito ai “Putinversteher” nostrani, ovvero quelli che “giustificano Putin”. E qui i nomi sono davvero tantissimi: Ugo Mattei, Stefano Fassina, Barbara Spinelli, Gianluca Savoini, Laura Boldrini, Marcello Foa, Diego Fusaro, Pino Cabras e finanche Massimo Cacciari. «Destra, sinistra e no Green Pass: identikit dei putiniani d’Italia», recita il titolo del “J’accuse” di Gianni Riotta.  Ne viene dunque fuori una lista quasi di “proscrizione” in cui Gianni Riotta sembra mettere nello stesso calderone chi è vero e proprio “ultrà” di Putin, chi si è sbagliato in un pronostico politico anni fa, chi è accusato di fare affari con la Russia, chi si è trovato a firmare accordi negli scambi culturali e persino chi osa ragionare criticamente sui passati e futuri assetti internazionali. Posso capire l’intento di scoprire gli altarini di chi ieri ha vezzeggiato Putin per considerarlo oggi come il diavolo in persona, ma arrivare a mettere nello stesso contenitore bambini e acqua sporca, per poi gettare tutto nella fogna mediatica è un’operazione discutibile per non dire inaccettabile. In buona sostanza così come chi osa discutere dell’obbligo e della efficacia vaccinale in materia di covid è un no-vax, chi vuole ragionare sulle cause e sulle prospettive di una tremenda guerra è un putiniano.

 

  • Ci sono persone che non sanno un cazzo, ma lo dicono bene (quelli della prima categoria di cui sopra), ci sono invece persone che sanno molte cose, ma che rischiano di dirle male e talvolta in modo aggressivo se non addirittura offensivo. A quest’ultima categoria appartiene il filosofo Massimo Cacciari, un habitué degli studi televisivi. Non ha esattamente preso bene l’esser stato “affiliato” alla lista dei pro-Putin italiani: «Lo scriva così come glielo dico: Gianni Riotta è un coglione», sottolinea l’ex Pd intervistato dal “Fatto Quotidiano”. «Come sarebbe a dire? Io? Non ne so nulla, non leggo più i giornali», replica inizialmente al telefono con Tommaso Rodano il filosofo noto negli ultimi tempi per le sue forti critiche al sistema del Green Pass e all’obbligo vaccinale. Poi quando gli viene letto il passaggio di Riotta che inserisce il suo nome tra i “Putinversteher”, ecco che Cacciari ribadisce «si è bevuto il cervello». “Io putiniano? Non rispondo a queste stupidaggini, con gli idioti non discuto”. Massimo Cacciari risponde così alla domanda a bruciapelo di Massimo Giletti. Il filosofo è in collegamento con Non è l’arena, su La7, per parlare della guerra tra Ucraina e Russia. Il padrone di casa gli chiede subito conto della discussa “lista di proscrizione” di Gianni Riotta che su Repubblica, qualche giorno fa, ha stilato elencando i nomi di politici e intellettuali italiani presunti “fiancheggiatori” di Vladimir Putin. “Una lista un po’ particolare”, la definisce Giletti con un certo imbarazzo. Il filosofo stronca il dibattito: “Se vogliamo parlare seriamente, parliamo seriamente. Con questo idiota non discuto”.

Poi, finalmente, si parla di guerra. “Putin ha sottovalutato la reazione, le sanzioni sono pesanti: non so quanto la Russia potrà andare avanti, di fronte anche ad una resistenza che non si aspettava”, sottolinea Cacciari, che intravede uno spiraglio di ottimismo. “Credo ci siano i margini per costringere ad una trattativa seria per un cessate il fuoco, imperativo categorico, e per risolvere le questioni secolari di contenzioso tra Ucraina e Russia. Secolari, si deve partire almeno da Caterina la Grande per capire questa tragica storia tra ucraini e russi”. “Oggi l’Europa dovrebbe avere finalmente le capacità per costringere le parti, la Russia aggressore in particolare, per risolvere le questioni. Innanzitutto, il ruolo dell’Ucraina sul piano internazionale. Non si può discutere della annessione russa dell’Ucraina, ma al tempo stesso non può essere vista come una minaccia alla Russia. Il mio problema è fermare la guerra, non possiamo semplicemente dire agli ucraini andate avanti, combattete, morite e poi vediamo come va a finire la partita”.

Mi permetto di essere perfettamente d’accordo con Massimo Cacciari, personaggio che stimo, ammiro e ascolto molto volentieri, al quale tuttavia consiglierei maggiore sobrietà di linguaggio e minore esposizione mediatica; tiro un sospiro di sollievo per la declaratoria di ignoranza di Massimo Giletti: era ora che tornasse nei ranghi dei vuoti a rendere; mi stupisco dello scivolone giornalistico di Gianni Riotta, un inaspettato e strumentale  mix tra bufale, pensiero unico, filoatlantismo e retorica democratica. È proprio vero che parlar di guerra mette a nudo le contraddizioni etiche, culturali e politiche di tutti. Servirà?