Quando al padre di un mio carissimo amico super-impegnato in politica veniva chiesto conto della presenza del figlio, fulminava tutti con una simpatica, ironica battuta tra lo scettico e il sarcastico: «Ien là par salvär l’Italia…». Alludeva alle riunioni politiche spesso inconcludenti e velleitarie a cui partecipava il figlio, un giovane peraltro assai intelligente, colto e preparato.
Presso Villa d’Este a Cernobbio (in provincia di Como) si sono tenute le tre giornate della 47esima edizione del Forum Ambrosetti. Il tema della rassegna è stato: “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”. Tra i partecipanti anche il primo ministro libico Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh e il direttore generale del Cern Fabiola Gianotti. Come avvenuto l’anno scorso a causa della pandemia, la kermesse è stata in parte fisica e in parte digitale, in collegamento con numerosi hub in Italia, in Europa e nel resto del Mondo. Numerosi i temi affrontati nel corso delle giornate, dal futuro dell’Afghanistan al percorso della Libia verso la stabilità e la prosperità. È stato analizzato soprattutto il quadro economico post Covid-19.
Questo appuntamento, pur con tutto il rispetto per i partecipanti di alto livello e per gli argomenti affrontati di grande importanza, mi dà l’impressione di essere a metà strada fra la sistematica elaborazione dell’ovvio e l’impegnativa stesura del libro dei sogni. Provate a leggere le cronache con l’estrema sintesi dei vari interventi e forse mi darete ragione. Dove voglio parare? Detto brutalmente intendo usare il metro di cui sopra: “Ien là par salvär al mónd…”.
Lungi da me entrare nel merito “tuttologico” delle idee passate in rassegna a Cernobbio. Mi concedo solo una comoda riflessione a bassa voce. La cultura non è una sussiegosa, altolocata e argomentata fuga dalla realtà, ma uno spietato e ficcante modo di porsi di fronte ad essa.
Paolo VI sosteneva che non c’è bisogno di maestri, ma di testimoni. Mi permetto di parafrasarlo, aggiungendo che non c’è bisogno di personaggi che elaborano strategie impossibili, ma di operatori che lavorano a progetti fattibili.
Sono stanco di ascoltare chiacchiere. Di qualcuno in passato si diceva: “Non sa un cazzo, ma lo dice bene!”. A margine del Forum Ambrosetti si potrebbe dire: “Sanno tutto, ma non combinano un cazzo!”. Forse è disfattismo. Non so però se sia più disfattista chi resta coi piedi per terra o chi vola intorno alle nuvole. Non so se sia un modo per disimpegnarsi culturalmente ripiegando sul quotidiano. Non so se sia invidia per chi detiene il potere monopolistico della cultura. So che il 06 settembre 2021, vale a dire il giorno dopo della kermesse di Cernobbio, resta la bellezza della cornice panoramica dell’evento che racchiude un fumoso quadro di prospettive piuttosto fosche, ma soprattutto irrealizzabili.
Non sono in grado di scegliere fra il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà, mi sento sballottato in un mare di problemi e non so a cosa appigliarmi. Nei giorni scorsi, rivedendo una ricostruzione storica dell’opera del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ho ascoltato una eloquente frase del figlio Nando, il quale sosteneva come il padre fosse stato vittima delle “nostre micidiali burocrazie”. Non vorrei che anche noi rimanessimo vittime di “micidiali tecnocrazie”.