Piove, vaccino ladro

Era (quasi) inevitabile che, in un clima di crescente e incandescente tensione individuale e sociale, scoppiasse una qualche forma di rivolta, purtroppo anche violenta. Me lo sarei aspettato in chiave economico-occupazionale, invece lo sfogo sta avvenendo in chiave vaccinale.

La gente non ne può più, mantenere i nervi saldi è diventato impossibile. Questa situazione esplosiva non va ascritta solo alla immanente e perdurante pandemia, ma anche, e forse soprattutto, a come è stata affrontata e gestita.

È piuttosto eloquente che i bersagli principali e preferiti delle proteste di piazza siano i cronisti e gli scienziati. C’è sicuramente sotto qualcosa di oscurantista e di reazionario in questa rabbia sociale, ma ci sono anche responsabilità piuttosto evidenti.

I media si sono comportati, a dir poco, in modo osceno, imbastendo una bagarre informativa vergognosa quanto spettacolare, cavalcando la paura della gente a furor di scienza e di statistica, in una gara autoreferenziale e fine a se stessa. Voglio essere brutale per meglio rendere l’idea: per i media si è trattato di una mega rincorsa a segnare il proprio potere pseudo-informativo ed a legittimare il proprio ruolo sempre e comunque. I social hanno aggiunto solo la ciliegina sulla torta, cadendo nel tranello ordito dai detentori del potere mediatico.

Gli scienziati si sono fatti trascinare nella sarabanda mediatica, propinando camaleontiche ricette, sfornando indicazioni e consigli validi giusto per il tempo di cambiare subitamente parere sull’onda del nulla oggettivo e del tutto narcisistico. Anche per loro ha prevalso una logica di puro potere: di fronte ad una politica balbettante e ad una società angosciata cosa c’era di meglio che proporsi come deus ex pandemia? Il gioco alla lunga ha stufato, indispettito e pungolato prima le singole persone e poi la piazza.

Il potere politico, schiacciato sotto il peso di enormi responsabilità e delle emergenti carenze strutturali e gestionali, ha fatto sostanzialmente il pesce in barile girovagando, senza mai scegliere fino in fondo, fra la voglia di impossibili direttive scientifiche e il galleggiamento sulle dirompenti questioni economiche. I sacrifici erano colpa del rigorismo virologico, le speranze erano merito della sensibilità sociale dei governanti. Raccomando a tutti di rileggere la recentissima storia della pandemia per accorgersi di questi sbandamenti continui, dei tira e molla giornalieri, del non decidere per poi decidere male, sempre sull’orlo della legalità costituzionale, sempre con la demagogia della scienza brandita come arma a doppio taglio.

E la gente è stata per parecchio tempo a guardare paralizzata dalla paura, poi inorridita dagli effetti pandemici, poi devotamente rispettosa del dio-scienza, poi incazzata verso il diavolo-governo, poi illusa di tornare a tutti i costi alla normalità, poi sempre più scettica verso tutto e tutti, poi orientata a scaricare le tensioni sulla questione dell’obbligo vaccinale, che è diventato da una parte il totem ideologico e dall’altra la barricata libertaria.

All’ombra dell’obbligo vaccinale si è schierato il regime, al quale non è parso vero di identificare l’untore in chi nutre dubbi e perplessità su una vaccinazione al buio, oggettivamente sperimentale e assai poco garantista nei suoi effetti. Siamo quindi arrivati alla puntata di questi ultimi giorni in cui stanno dilagando le proteste di piazza dei no-vax, i quali per la verità raccolgono un malcontento assai più diffuso e profondo. Partirà, anzi è già partita, la criminalizzazione dei moti anti-vaccinali e tutto si complicherà ulteriormente, a nulla servendo le rassicurazioni etiche, religiose e politiche. Quando la gente è infuriata diventa impossibile ragionare, bisognava pensarci prima.

Giudico molto pericolosa la situazione e allora concludo con una similitudine alquanto azzardata, ma sdrammatizzante. A Genova il virologo Bassetti è stato insultato e inseguito fin sotto casa: l’episodio è emblematico di un clima di caccia alle streghe o forse sarebbe meglio dire di caccia alle fate. Evidentemente in questo personaggio vezzeggiato e santificato dai media, certa gente ha individuato il capro espiatorio. La violenza è sempre e comunque condannabile senza se e senza ma. Anche se la tentazione di aggiungere un “ma” è incontenibile: un po’ più di sobrietà e di umiltà da parte di questi “santi” non avrebbe fatto male e soprattutto avrebbe evitato di esasperare gli animi.

Vado alla similitudine peraltro da me ripetutamente evocata.  Il loggione di Parma in passato ogni tanto ruggiva: il famoso e simpatico critico Rodolfo Celletti ammetteva di godere, sotto sotto, allorquando i parmigiani spazzolavano qualche mostro sacro del bel canto. Però aggiungeva: «Ho la sensazione che a voi parmigiani piacciano un po’ troppo gli acuti sparati alla viva il parroco…».  Le analogie mi sembrano talmente evidenti da consigliarmi di non aggiungere altro per non scottarmi le dita già abbastanza bruciacchiate.