Diletta Leotta, conduttrice televisiva, ha festeggiato i suoi 30 anni in una località vicino a Catania, sua città natale, con una festa nella villa con piscina che ha ospitato l’evento, interamente allestita con addobbi e arredi bianchi e trionfi di limoni siciliani, un party con ballerini, acrobati e performer.
Sui social si è scatenata la polemica per alcune foto in cui si vedono delle giovani donne “trasformate” in lampadario: le ragazze infatti hanno un paralume sulla testa. “Le donne lampadario a un compleanno di una donna nel 2021 per me sono degradanti” ha twittato qualcuno. “Le ragazze usate in stile soprammobile sono un qualcosa di riprovevole” fa eco qualcun altro. “Per il suo compleanno, colei che ribadisce che la bellezza “capita”, ingaggia delle donne per vestirsi da lampadario” è un altro dei commenti di riprovazione.
“Ciao, che lavoro fai? La donna-lampadario ai compleanni delle vip che fanno discorsi edificanti a Sanremo” dice ancora un altro. Qualcuno fa notare anche: “Magari non è una sua scelta, forse è l’agenzia che si occupa di questi eventi a partorire boiate del genere. In ogni caso, se sei un personaggio pubblico, non puoi accettare che vengano usate “donne-lampadario” alla tua festa”.
Infine c’è chi pensa ci siano emergenze più importanti in questo momento: “Diletta Leotta, nel bene e nel male, è in tendenza con quello che sta succedendo a migliaia di donne in Medioriente” è uno dei commenti.
Ciascuno è libero di festeggiare il proprio compleanno come meglio crede e ciascuno è libero di partecipare a feste di compleanno vestito come meglio crede. Niente di strano quindi che sia capitato questo autentico attentato alla sobrietà ed al buongusto prima che all’immagine della donna, ridotta a soprammobile della nostra società.
Fa (quasi) sorridere la censura arrivata da Alba Parietti, trasformatasi precipitevolissimevolmente in “anti-talebana de noantri”, la quale ha scritto: “Diletta Leotta è bella, giovane e capace. A Sanremo aveva ricordato l’importanza di non trattare le donne come oggetti, ed è vero, solo che le cose bisogna capirle oltre che dirle. Apra qualche giornale ogni tanto, accenda la televisione e cerchi di capire come tutti gli altri, ora più che mai, ogni singolo individuo, come canta Fiorella Mannoia, ‘ha la sua parte in questa grande scena’”. “Un paralume in testa non è nulla di questo”, ha concluso Parietti. “Non fa neanche sorridere. È uno sfregio alle donne”.
Se questa bizzarra idea voleva essere una provocazione, lo scopo è stato ampiamente raggiunto (ci sono cascato anch’io). Se esibire le donne con un paralume in testa voleva avere un significato, in un certo senso emblematico, del ruolo superficiale e scenografico della donna nella nostra società, la scelta può essere considerata anche simpatica ed efficace. Se si intendeva addirittura fare riferimento alle vergini della parabola evangelica, che devono attendere e festeggiare lo sposo con le lampade accese, ben venga questo improbabile inno alla saggezza della donna ed alla sua capacità di leggere gli eventi in chiave esistenziale.
Tutto sommato non so se mi abbia infastidito più il fatto in sé o la reazione dei social culminata in una scomunica lanciata da Alba Parietti dalle colonne de La Stampa. Il cerchio teatrale si è chiuso. Questa è la nostra società, non stupiamoci più di tanto, non strappiamoci le vesti, non scandalizziamoci. Il problema, tutto sommato, non sta nelle donne-lampadario esibite in una sontuosa festa di compleanno, ma nel fatto che una persona possa pensare di festeggiare il proprio compleanno in un modo così apertamente e volgarmente opulento.
Qui mi fermo, perché rischio di (s)cadere nel moralismo spicciolo, nello psicologismo politicizzato, nel sociologismo datato e nell’utopismo fragile. Nel sessantotto ci sarebbe stata un’incursione protestataria a suon di pomodori e uova marce: forse sarebbe anche oggi la reazione scomposta, ma giusta. Più tardi avrebbe potuto succedere anche di peggio con l’uso di qualche bomba carta e con qualche violenza di troppo. Oggi si fa finta di discutere per lasciare tutto com’è, anzi per radicare ancor più le sciocchezze nel nostro vissuto.
Mio padre non aveva la ricchezza tra i suoi obiettivi, non invidiava i ricchi e non smaniava affatto per arricchirsi, non era nemmeno un pauperista. Quando era alle prese con donne ingioiellate, cariche d’oro e d’argento, scrollava il capo dicendo: «Farisla miga prima a mett’ros un cartel al col con scrit “i soldi li tengo in banca”?». Non sopportava l’ostentazione del lusso e della ricchezza, non per invidia né per odio di classe, ma per una questione di buon gusto e per rispetto degli altri. La penso esattamente come lui: la sobrietà, gran pregio!