È proprio vero che nulla avviene per caso. In questi giorni mi sono imbattuto in una ricostruzione storica della vita di Alcide De Gasperi con particolare riferimento agli anni del secondo dopo-guerra. La drammatica situazione di allora ha non poche analogie con quella odierna almeno nel senso di cercare il bandolo delle numerose matasse aggrovigliate.
Qual è la differenza fra un semplice cristiano e un santo? La vera diversità sta nel fatto che il santo ci crede davvero e si vede, mentre il cristiano di fila dice di crederci e non si vede. Non voglio mischiare il sacro col profano, ma Alcide De Gasperi, indipendentemente dall’esito che potrà avere la sua causa di beatificazione, era un santo della politica e della democrazia.
Gli dobbiamo molto: se l’Italia, uscita a pezzi dalla seconda guerra mondiale, ha saputo e potuto rialzarsi e stare all’onore del mondo, lo deve anche e soprattutto a De Gasperi. Riascoltando alcuni passaggi dei suoi discorsi mi sono letteralmente commosso: quella era la politica con la “p” maiuscola! La sua capacità di coniugare vita pubblica e privata era veramente esemplare da tutti i punti di vista. Sapeva essere leader di partito e statista, sapeva rispettare e farsi rispettare, sapeva essere umile ma convincente. Un autentico gigante a servizio dell’Italia, della nascente Europa e del mondo intero. Cose scontate? Cose storiche da incorniciare, ma da rileggere continuamente perché hanno molto da insegnarci.
Proprio in questo periodo stiamo rilevando come l’attentato terroristico alle torri gemelle non abbia dato una scossa benefica alla politica internazionale, ma sia stato l’inizio di una serie di errori clamorosi, che non si è ancora conclusa. La recente pandemia sembra non averci insegnato niente: tutti si riempiono la bocca con lo slogan che “nulla sarà come prima”, mentre stiamo, giorno dopo giorno, vedendo che “tutto è peggio di prima”. Perché?
Resto in Italia. La classe politica è chiaramente inadeguata ad affrontare l’esplosiva situazione che stiamo vivendo. Lo vede un cieco. Lasciamo stare se gli italiani lo meritino o se la scarsa qualità della politica superi i demeriti degli italiani. Fatto sta che manca una guida autorevole capace di rilanciare su basi nuove la vita del Paese.
Guardando con il dovuto interesse la trasmissione messa opportunamente in onda da Rai storia in concomitanza con l’anniversario della morte di De Gasperi avvenuta il 19 agosto del 1954, ho provato a fare un parallelo fra il meglio del convento post-bellico e quel che passa il convento oggi. Sì, ho tentato un confronto fra Alcide De Gasperi e Mario Draghi, lasciando stare i rispettivi contorni.
Devo ammettere di esserne uscito con le ossa rotte: devo confessare, impietosamente e trivialmente, che forse Draghi assomiglia a De Gasperi solo nel “pisciare”. De Gasperi era un grande statista, Draghi è un grande tecnocrate: la differenza è abissale. Il primo aveva un grande cuore, il secondo ha solo un grande cervello. So benissimo che con queste lagnose analisi non si conclude niente, anzi si rischia di seppellire sotto paragoni impossibili, quel po’ di buono su cui stiamo galleggiando. So benissimo come le situazioni siano cambiate e si debba dare a Draghi quel che è di Draghi. Me lo sono “sgolosato” per tanto tempo e, adesso che ce l’ho, faccio il difficile. Chiedo scusa, forse sono ingeneroso, ma De Gasperi mi rovina la bocca.
L’altra sera l’attuale premier italiano ha rilasciato un’intervista in merito alle strategie e tattiche da adottare per far fronte all’emergenza talebani: non c’è che dire, un bel compitino senza errori e sbavature. Alla fine mi sono chiesto: basterà? Non ho azzardato una risposta compiuta, avevo quasi il timore di disturbarlo, di sottovalutarlo, di essere ingrato, di pretendere troppo se non l’impossibile. Poi è arrivato il ricordo di De Gasperi e allora… mi sono chiesto se forse non stiamo facendo “santo subito” un personaggio molto in gamba, che però ha ancora molte cose da dimostrare. Il fatto che non ci siano alternative non vuol dire che la santità sia un fatto relativo. Quindi, scherziamo coi fanti e lasciamo stare i santi.