Se ben ricordo, Gino strada in vita non aveva tanti consensi, era piuttosto criticato, tollerato come un rompipalle che, con il suo concreto comportamento e le sue scelte controcorrente, ci sbatteva in faccia le responsabilità nell’ingiusto assetto del mondo intero. Molti lo ascoltavano; alcuni si irritavano, altri lo contestavano, in pochi lo ammiravano.
Ora, come (quasi) sempre accade è venuta l’ora delle false lapidi celebrative. Ne ho lette parecchie, condivisibili, ma tutto sommato stucchevoli e retoriche. Gino Starda amava la concretezza del “farsi il mazzo”, a volte predicava in modo smaccatamente provocatorio, ma razzolava in modo ineccepibile con la credibilità che gli derivava dallo schierarsi nei fatti dalla parte giusta, quella dei dimenticati.
Dico la verità, ho fatto fatica a scrivere un commento alla sua morte: la paura di unirmi, seppure involontariamente, al coro degli angeli/demoni, mi ha trattenuto; il pudore di mettermi a posto la coscienza scaricando su di lui tutti i meriti mi ha condizionato. Cito solo Massimo Cacciari: “La sua è stata una missione universale: non predicava il bene, ma lo faceva”. Credo dica tutto e non abbia bisogno di ulteriori accanimenti celebrativi.
Voglio invece fare una riflessione personale, una specie di salutare e imbarazzante esame di coscienza. La testimonianza di Strada dovrebbe servire a questo. Papa Paolo VI riteneva che per formarsi nella fede i giovani, e non solo i giovani, avessero la necessità di molti testimoni e quasi nessuna necessità di maestri della dottrina. Cosa intendeva il pontefice con queste parole? Per capire a cosa si riferisse basti pensare a quanti Santi nel corso della storia della Chiesa hanno fatto la differenza dando il loro esempio e quanti invece vengono ricordati per le loro dissertazioni teologiche. Gino Strada è un santo laico, che ha fatto la differenza con il suo esempio.
Mi lascio interrogare da lui: io, nel mio piccolo, cosa faccio per cambiare la storia, per chinarmi su chi soffre a causa delle ingiustizie, delle guerre, delle discriminazioni e delle violenze? La risposta la tengo nella mia coscienza, anche se ammetto che non mi tranquillizza affatto, anzi mi sconvolge e mi scombussola.
Quando morì il mio grande amico Mario Tommasini, don Antonio Moroni ne fece un bellissimo ritratto evangelico. “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna». Mario Tommasini starà fra i giusti, come Gino Strada. Non a caso a Strada è stato assegnato, anni or sono, il premio Tommasini. Non ho ceduto alla celebrazione, ho soltanto legato due esempi di vita estremamente eloquenti nella loro coerenza di scelta a favore degli ultimi.
Penso di non svelare un segreto se ricordo la stima amichevole e sincera che mi riservava Mario Tommasini. Una volta, a margine di una delle tante discussioni in atto nella nostra città in cui eravamo schierati dalla stessa parte, incontrandomi mi disse in simpatico e rigoroso linguaggio dialettale: “Mora, mi è ti ag cardèmma dabón, mo ghé un sach äd génta ch’a neg crèdda miga, ànca in méz ai mè compàgn e ai tò catòlic”. Vorrà dire che nell’aldilà avrò almeno un avvocato difensore, che mi aiuterà a saltarci fuori. Certo lui oltre che crederci, si dava da fare veramente…
Come ho scritto a una carissima amica, in concomitanza con la beatificazione di suor Maria Laura Mainetti, davanti a certi esempi mi sento “una cacca” come uomo e come cristiano. Che Dio mi perdoni e che suor Mainetti, Gino Strada e Mario Tommasini preghino per me e per tutti noi.