I Vangeli ci danno conto del senso civico di Maria e Giuseppe i quali si sottopongono al faticoso e odioso adempimento dell’iscrizione all’anagrafe del tempo. Questo evento portò Maria e Giuseppe nella piccola Betlemme: “Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare”. A passo d’asino ci vogliono quattro giorni per attraversare la verde pianura di Esdrelon, l’inospitale Samaria e poi le alture della Giudea. Eppure Maria e Giuseppe si sottopongono a questo obbligo senza fiatare pur avendo tanti motivi per sottrarvisi, dalla gravidanza della donna al privilegio di essere padre e madre del futuro Messia (a loro non mancavano gli angeli in Paradiso, però…).
Facciamo un salto di oltre duemila anni e spostiamoci all’università per stranieri di Perugia dove il calciatore Luis Suarez ha sostenuto l’esame propedeutici all’ottenimento della cittadinanza italiana, per il quale ha confermato di avere saputo prima della prova quelle che sarebbero state le domande a cui avrebbe dovuto rispondere (forse gliele aveva rivelate un angelo in sogno). È quanto sarebbe emerso dalla sua deposizione. Assistito da un interprete e parlando in spagnolo, Luis Suarez è stato infatti sentito come testimone dai magistrati di Perugia che indagano sul suo esame “farsa” per la conoscenza dell’italiano sostenuto all’Università per Stranieri. Una deposizione nel corso della quale il calciatore uruguaiano avrebbe ammesso di avere saputo dei contenuti della prova prima di sostenerla. Anche se nessuna conferma ufficiale giunge al riguardo.
L’indagine ha toccato i vertici dell’Università per Stranieri di Perugia. Sono stati infatti indagati per violazione del segreto d’ufficio finalizzato all’indebito profitto patrimoniale e falsità ideologica in atti pubblici la ex rettrice, che si è recentemente dimessa, il direttore generale e il professore esaminatore di Suarez, che ha lasciato l’Ateneo a fine ottobre. L’ipotesi degli inquirenti è che a Suarez siano stati rivelati in anticipo i contenuti della prova sostenuta.
Il tutto era finalizzato ad ottenere una compiacente e sbrigativa certificazione atta a rendere possibile l’ingaggio di Luis Suarez nelle file della Juventus che lo stava acquistando (non si è capito a quale punto fossero arrivate le trattative). Non se ne è poi fatto niente nonostante il calciatore fosse formalmente in regola con l’adempimento previsto per il lavoro degli stranieri in Italia.
La Juventus sostiene di essere estranea a questa vicenda: sinceramente non riesco a capire allora chi fosse interessato a questa indegna manfrina. Il discorso giuridico sembra quindi riguardare il fatto se chi ha imbastito l’esame burletta lo abbia fatto di sua iniziativa per avere eventuali successivi favori o se invece sia stato concertato con la società calcistica interessata ad avere Suarez fra i suoi tesserati. Questioni di lana caprina (almeno così sembra) a cui spesso si attacca la soluzione dei casi giudiziari.
Ammetto di essere atavicamente ostile alla Juventus, probabilmente per due motivi: il suo storico e comprovato strapotere nel mondo calcistico e il suo altrettanto storico e poderoso consenso a livello della tifoseria. Possibile quindi che io abbia il dente avvelenato e che sotto-sotto abbia una certa infantile e faziosa soddisfazione nel vedere sputtanata la grande signora del calcio italiano.
Tento di uscire da questo meccanismo anti-iuventino per effettuare due sottolineature. Innanzitutto l’ingiustizia e la discriminazione che regnano sovrane a tutti i livelli: i deboli per ottenere la cittadinanza italiana devono sputare sangue, i forti la ottengono per grazia ricevuta. Poi la constatazione, in un discorso ampio e profondo, di come il mondo del calcio (e forse dello sport in genere) sia contaminato in tutto e per tutto, non tanto dal coronavirus, ma dai mali conseguenti ai fiumi di danaro che scorrono in esso. Troppi soldi, troppi interessi economici, troppi affari più o meno loschi, troppe cose che con lo sport c’entrano come i cavoli a merenda. Il calcio è un’industria vera e propria e per un’azienda industriale ci sta anche un po’ di corruzione per falsificare qualche prodotto e qualche appalto.
Il fatto Suarez non è tanto grave in sé e per sé, ma in quanto emblematico (la punta dell’iceberg) di un andazzo socio-economico di cui il calcio è protagonista. Forse la Juventus con i suoi potenti mezzi riuscirà a cavarsela con una multa ridicola o con un’assoluzione del “così fan tutte”. Resta l’omertoso ed imbarazzato silenzio dei media e dei tifosi: gli uni sempre pronti a difendere il loro “panem” leccando i potenti e salvaguardando così il proprio insulso mestiere; gli altri preoccupati di difendere le loro “circenses”, correndo alla disperata e penosa ricerca dell’evasione dai problemi reali. Forza Juve e grazie di esistere!