Il casino di gregge

Quando scrivo questo commento non conosco ancora se il periodo delle festività natalizie sarà giallo, arancione, rosso o variopinto. Una cosa so: che il governo, complici le pressioni delle forze economiche e sociali, complici le sbandate regionali, complici gli ambigui pronunciamenti scientifici, complici i deliranti comportamenti di troppa gente, arriverà tardi e male a varare misure restrittive per contenere l’assurda smania gaudente degli italiani.

Ricordo per l’ennesima volta, da arteriosclerotico quale sono, un episodio/aneddoto piuttosto emblematico della confusione creata tra un DPCM e l’altro, tra un pronunciamento ministeriale e l’altro, tra una conferenza stampa e l’altra, tra un’intervista e l’altra. C’era una volta un funzionario pubblico così incapace e confusionario da meritare una reprimenda, da parte del suo superiore, al massimo dell’umiliazione possibile: “Lei d’ora in poi non faccia niente, legga, pensi ai fatti suoi e, se proprio non sa come trascorrere il tempo in ufficio, dorma”.

Arriviamo alle feste di Natale nell’incertezza riguardo ai comportamenti consentiti o meno. Nel frattempo un milione di persone sono già in viaggio e questo fatto rende perfettamente l’idea di come si finisca per chiudere la stalla quando i buoi se ne sono andati. Può darsi che queste persone abbiano brutte sorprese per la loro permanenza nei posti scelti e per il ritorno a casa; soprattutto saranno da considerare cani sciolti con la mascherina, ma senza museruola.

La confusione, che ha regnato sovrana prima delle feste, quella che regnerà durante il periodo delle feste, integrale o spezzettato, quella che regnerà all’indomani delle feste col rientro alla vita normale (?), contribuisce a creare l’idea di una sorta di strisciante impunità, di lasciapassare conseguenziale, di alzata collettiva di spalle.

La politica degli annunci – uno al giorno leva il governo di torno – è un invito subliminale alla trasgressione: non si potrà uscire, bene, allora tutti in pista intanto che si può; non si potrà viaggiare, bene, allora tutti in viaggio scompagnati e scoperti con la logica stringente ed esimente del fatto compiuto; non si potranno frequentare bar e ristoranti, bene, sfoghiamoci a più non posso con colazioni, aperitivi, spuntini, intasando i locali pubblici. Se è vero come è vero che fatta la legge fatto l’inganno, figuriamoci quanti inganni verranno escogitati all’annuncio di una legge.

So benissimo come possa essere difficile governare una situazione pandemica, ma è meglio decidere in fretta con il rischio di prendere qualche solenne cantonata, piuttosto che discutere all’infinito per poi non decidere o per partorire il topolino dopo che la montagna è crollata. Posso immaginare quali e quante pressioni avrà il governo per non chiudere o limitare al massimo le chiusure, ma ad un certo punto occorre interrompere il balletto dei pro e contro e assumersi certe spiacevoli responsabilità.

Nella mia vita professionale non potevo sopportare i superiori che facevano i pesci in barile, meglio una cazzata oggi che un casino domani. Io cittadino devo sapere di qual morte devo morire: già devo fare i conti con il Covid che pende sulla mia testa, preferirei non aggiungerci mille altri dubbi e incertezze di clima socio-politico. Sì, perché alle titubanze governative sui tempi e modi delle misure anti-Covid si sono aggiunte le diatribe politiche interne al governo: non si sa cosa deciderà il governo e magari, se dopo aver deciso, riuscirà o meno a rimanere in carica.  Lasciamo perdere l’opposizione per carità di gregge. È vero che i guai non vengono mai da soli, ma non esageriamo.

“Il concetto vi dissi… Or ascoltate com’egli è svolto: andiam, incominciate!” A fare cosa non so… L’opera da cui ho tratto questa frase è “I pagliacci” di Leoncavallo. Attenzione però, lo dico per chi non ha dimestichezza con questa opera lirica: non tragga in inganno il titolo, perché trattasi di una tragedia che finisce assai male come peraltro il drammatico fatto di cronaca nera a cui si è ispirato l’autore. La pagliacciata c’è, ma come dice Canio all’inizio, “un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo”.