Piove, del governo parleremo dopo.

Fino a qualche giorno fa era emergenza siccità, ora siamo repentinamente passati all’emergenza alluvioni. Non è facile capire fin dove queste contingenze drammatiche siano riconducibili agli “scherzi” della natura o agli errori ed omissioni dell’uomo. Quando succede il finimondo i media sono immediatamente portati a scaricare le colpe sulle negligenze degli organi, che, a vario titolo ed a diverso livello, gestiscono il territorio. Salvo dimenticare ed assolvere tutti nel giro di pochi giorni.

In questa facile e comoda ricerca dei capri espiatori si cela la mancanza di senso di responsabilità: lo scaricabarile non assolve nessuno e colpevolizza tutti. Non vale nemmeno buttare il prete (i disastri ambientali) nella merda (i cambiamenti climatici): anche il clima risente non poco degli scriteriati comportamenti umani. Il fatalismo di chi ritiene il clima una variabile indipendente assolve tutti ed in primis l’anidride carbonica che vomitiamo nell’atmosfera. Si passa cioè da una estremità all’altra, con la triste conclusione che chi va sott’acqua o chi è senz’acqua deve arrangiarsi.

E qui viene a proposito la battuta velenosa lanciata da mio padre in occasione di una alluvione in Italia (non ricordo dove e quando, ma non ha molta importanza ai nostri fini).

Di fronte al solito ritornello dei comunisti trinariciuti, quelli col paraocchi, che recitava più o meno “Cozi dal gènnor in Russia in sucédon miga”,   mio padre rispose: “ Sät parchè? In Russia i gh’àn j èrzon äd cärta suganta”. Allora erano i comunisti a sovrapporre le scorciatoie ideologiche con quelle climatiche, oggi è il turno dei capitalisti ad oltranza ritenere che il dio-danaro debba avere comunque il sopravvento sul dio-natura.

Gli Usa di Trump si chiamano fuori dalla mischia climatica, mentre gli altri Paesi balbettano e programmano i loro interventi su tempi biblici, che potrebbero essere presi in contropiede da un nuovo diluvio universale.

Una puntata politica tuttavia me la devo concedere. Se non erro, la gestione ed il controllo del territorio sono in gran parte delegati alle regioni: la vicinanza fisica dovrebbe essere garanzia di maggiore attenzione e sensibilità. Non è così. I palleggiatori di responsabilità sono aumentati. Tutti hanno le diagnosi perfette e le ricette pronte e quando piove andiamo in barca…

Non mi stancherò mai di ripetere l’aneddoto raccontato da mia nonna: Méstor mi e méstor vu e la zana d’indò vala su?” , erano due ingegneri che si scambiavano complimenti, ma che si erano dimenticati l’uscio nella porcilaia.

In questi giorni ho apprezzato le sensate e misurate reazioni della gente colpita dalle alluvioni: di fronte alle subdole domande invitanti a scadere nell’immediato scaricabarile delle colpe, rispondevano quasi sempre con dei no-comment o con eloquenti sguardi di sofferenza. Bisogna ammettere che la gente è assai più seria ed equilibrata di chi la governa e di chi la informa. L’Italia poi è proprio nota per avere la capacità di farsi su le maniche in occasione delle situazioni di emergenza, quando non serve chiacchierare a vanvera o buttarla in politica. Non sia l’alibi di chi governa per non fare un cazzo.