Il tiro delle vestaglie da Camera

È vero che per i presidenti delle due Camere non è costituzionalmente previsto un profilo apartitico, ma è opportuno che essi si buttino nell’agone politico assumendo ruoli importanti e puntando magari a future candidature nell’ambito di iniziative di partito?

La domanda mi sembra retorica anche se per i diretti interessati evidentemente non lo è. Pietro Grasso e Laura Boldrini si stanno lanciando in un’operazione politica, che da una parte sconvolge gli equilibri su cui erano stati eletti a inizio legislatura e dall’altra parte compromette le loro garanzie di equidistanza procedurale. Laura Boldrini, dopo la standing ovation ricevuta al convegno dei cercatori della nuova sinistra, può ancora assicurare alla Camera dei Deputati di essere super partes? Penso di no.

In Italia l’istituto meno frequentato è quello delle dimissioni. Ci stupiamo perché Gian Piero Ventura ha preferito farsi esonerare piuttosto che dimettersi spontaneamente: i maligni dicono che lo abbia fatto per ragioni di convenienza economia, legittime anche se non troppo eleganti. Non sopportiamo il fatto che Carlo Tavecchio, presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio (Figc), rimanga in carica dopo la debacle azzurra: a detta dei più se ne dovrebbe andare per favorire il rinnovamento del sistema.

Le dimissioni non hanno quel potere taumaturgico che molti pensano, ma segnano un benefico distacco dalla “poltrona”, sottolineano la caratteristica di servizio per la carica ricoperta, contribuiscono a ripristinare e semplificare le situazioni: il discorso vale per tutti gli ambienti e per tutti i livelli, vale quindi a maggior ragione anche per le più alte cariche dello Stato.

Si criticano tanto i politici, ma le dimissioni non sono nemmeno nel Dna del mondo sportivo e non sono evidentemente nella mentalità di due personaggi istituzionali eletti alle loro cariche proprio in quanto espressione della società civile più che dei partiti.

Se devo essere sincero non mi ha stupito Ventura: oltre il non cedere giustamente all’insopportabile vezzo di colpevolizzare gli allenatori di calcio, questo signore ha un contratto di lavoro e quindi ha, seppur un po’ troppo sindacalmente, agito di conseguenza in base alla clausola che ne prevedeva il licenziamento.

Non mi ha stupito Tavecchio che presiede un sistema malato e che non ci sta a farne il capro espiatorio: il pianeta calcio italiano soffre di ben altre malattie rispetto all’eliminazione dai campionati mondiali. Se Belotti avesse mandato in porta quel pallone colpito di testa all’inizio della prima gare dei play off con la Svezia , probabilmente l’Italia andrebbe in Russia e nessuno si sognerebbe di chiedere l’azzeramento di una situazione comunque “marcia patocca”.

Mi stupiscono invece Grasso e Boldrini: si sono messi a giocare a fare i probabili (?) leader di partito e non capiscono che non possono più fare gli arbitri con la necessaria credibilità: un tempo si diceva “non si può portare la croce e cantare la messa”. Non so se i due personaggi in questione porteranno o stiano già portando la croce, sicuramente non sono in grado di cantar messa con la dovuta intonazione.

La situazione è delicata. Forse solo il Presidente della Repubblica potrebbe dipanarla con la sua moral suasion. Bersani e c., tanto scandalizzati per il voto parlamentare critico verso la Banca d’Italia ed il suo governatore, non si fanno scrupolo di invischiare nel loro gioco politico i presidenti delle due Camere. Bersani ha dichiarato di non voler tirare per la giacca Pietro Grasso: molto peggio, probabilmente gli sta sfilando i pantaloni. Per Laura Boldrini non adottiamo questa similitudine al fine di evitare gaffe di stampo grillesco.

Sergio Mattarella avrebbe il carisma e l’autorevolezza per rimettere a posto le cose. Non lo pretendo, lo auspico. Auguri!