Gli stupri multicolori

È arrivata la risposta: ai nostalgici che rispolverano immagini fasciste, nel caso si trattava di un uomo di colore che aggredisce una donna bianca con tanto di invito a difenderla dai nuovi invasori, è giunta la peggiore ma eloquente risposta, le donne bianche si devono guardare dai carabinieri italiani. Non è giusto, ma se vale generalizzare verso gli immigrati, deve valere anche per gli uomini in divisa, oltretutto proprio coloro che dovrebbero difendere le donne come del resto tutti dalle aggressioni di ogni tipo.

Questa forzata contrapposizione ci deve insegnare parecchie cose. Non si può e non si deve criminalizzare nessuna categoria di persone, i fatti vanno esaminati oggettivamente e singolarmente, lasciando a chi di dovere l’adozione dei provvedimenti del caso. La violenza sulle donne non è monopolio dei neri e degli immigrati: è un oligopolio assai diffuso ed articolato, che coinvolge persino le donne contro le donne, se è vero, come è purtroppo vero, che le donne nell’esercizio del potere, non solo politico, sono cattive come gli uomini.

La violenza sessuale è un’aberrazione culturale che affonda le proprie radici anche e soprattutto nelle filosofie razziste, xenofobe, oppressive, discriminatorie, quelle che vorrebbero insegnarci come difendere le nostre madri, mogli, sorelle e figlie; essa trova il suo sfogo in tutte le circostanze violente in cui si presenta l’occasione propizia: guerre, torture, regimi dittatoriali, scontri sociali. Laddove c’è una situazione di debolezza per la donna, c’è chi è pronto a sfruttarla, spostandola sul piano sessuale, magari presentandola subdolamente come iniziale difesa e proseguendola come paradossale intesa.

Quando la violenza viene da chi dovrebbe combatterla, quando si fa scudo di una divisa o comunque di un potere affidato o di un ruolo esercitato, diventa la più grave delle anomalie umane e sociali: può trattarsi di un poliziotto, di un carabiniere, di un magistrato, di un politico, di un manager, di un padre, di un fratello maggiore, di un fidanzato, di un marito, di un amico. È perfettamente inutile, ingannatore e illusorio spostare la sporcizia della nostra casa sotto il tappeto dell’immigrazione. Guardiamo nelle nostre case, nelle nostre caserme, nelle nostre aziende, nelle nostre famiglie, troveremo sgradite sorprese.

Sul piano sociale lo sfruttamento e la violenza sulle donne trovano una sorta di istituzionalizzazione nella prostituzione, soprattutto a danno di ragazze immigrate, ingannate e imprigionate nei gangli di un fenomeno ben noto, ma che nessuno attacca con il giusto piglio: tutto ciò fa sorgere non pochi dubbi. Le forze dell’ordine sanno tutto, ma intervengono sporadicamente con qualche risibile retata. Perché? Me lo sono chiesto spesso ed ho trovato due risposte: la paura verso mondi in cui si rischia la vita e l’omertà per non dire la complicità. Se grattiamo la scorza di perbenismo con cui vogliamo difenderci dalle ondate migratorie, non finiamo più di trovare le nostre gravissime colpe e le nostre code di paglia.

Spero che i carabinieri di Firenze paghino per quanto di grave hanno fatto, giudicati senza processi sommari ma con la dovuta severità,   ma non ripieghiamo sul discorso delle mele marce, il marcio è molto diffuso e profondo e bisogna scovarlo e toglierlo, non certo con la scopa sporca, logora e fascista di Forza Nuova.