Renzi tra le pentole del sinistrismo e i coperchi del giustizialismo

Qualcuno ha la fantasia di intravedere nell’operato di Matteo Renzi la prova generale di un nuovo “regime”, una sorta di berlusconismo riveduto e corretto (con Berlusconi coinvolto in un accordo pseudo-istituzionale o senza Berlusconi accontentato nel grigiore dei suoi interessi): la ritengo fantapolitica. Siccome però molti ci guazzano dentro, provo a tuffarmi anch’io, scegliendo la piscina opposta.

Il torto fondamentale di Renzi è quello di voler toccare nel vivo della carne sistemica italiana: dalle istituzioni ai sindacati, dalla sinistra alla destra, dagli industriali ai pubblici dipendenti. Le riforme da lui avviate, da quella costituzionale a quella del mercato del lavoro, dalla scuola alla pubblica amministrazione, dalla magistratura ai diritti civili, avrebbero lo scopo di rivoltare il Paese come un calzino. Se è vero, come disse a suo tempo Massimo Cacciari, che non si può governare contro tutti, è altrettanto vero che si dovrebbe governare senza guardare in faccia a nessuno.

Ebbene Renzi ha sofferto la reazione di tutti quanti desiderano mantenere lo status quo, apertamente o sotto-sotto. Il coagulo di queste forze reazionarie, culturali, sociali, politiche, si è avuto con la battaglia del No al referendum sulla riforma costituzionale: dietro il dito della difesa della Carta si celava la volontà di interrompere un disegno riformatore sgradito e pericoloso per tutte le intellighenzie e per tutti gli interessi consolidati.

Momentaneamente accantonato Renzi a livello governativo, il discorso si è spostato a livello politico, nel Pd e nella sinistra: la strumentale e inqualificabile scissione, la rinascita dell’armata brancaleone sinistrorsa, la scoperta dell’acqua calda pisapiana, le nostalgiche e penose rentrée dei padri e dei patrigni, il nuovo partito della sinistra unita (ma rigorosamente senza Renzi), vagheggiato anche da la Repubblica (non è la prima volta che questo giornale si diverte(?) ad elaborare e/o sposare progetti politici, spesso rivelatisi fallaci).

Siccome Renzi testardamente rimane in sella al Pd, facendosi forte dei due milioni di consensi ottenuti alle primarie del partito stesso, sarà bene assestargli qualche botta a livello giudiziario: eccoci alla montatura dello scandalo Boschi (la “gigliosa” amica politica chiamata in causa dall’acido zitellone del giornalismo, Ferruccio De Bortoli), ma soprattutto allo scandalo Consip (il babbo e il ministro amico: così il cerchio si chiude).

Sembra però che il diavolo sappia fare le pentole, ma non i coperchi, che si chiamano strane ed inquietanti anomalie in un’inchiesta giudiziaria: ufficiali indagatori svagati e distratti, un pizzico di servizi segreti che vanno e vengono, segreti d’ufficio che circolano liberamente, un giudice indagato con tanto di compagna al seguito. Ci puzza di bruciato lontano un miglio.

Può bastare. Mi sono divertito, ho scherzato(?), ho guazzato nel torbido. È lo sport preferito da media e dintorni. Probabilmente un po’ di vero c’è in entrambe le piscine evocate: mi sembrava opportuno farci un tuffo pirandelliano, scandagliarle entrambe. Adesso, uscito dall’acqua torbida, mi faccio una bella doccia.