Gli attentati terroristici in Gran Bretagna mettono in evidenza, ancora una volta, come le forze di polizia non siano in grado di controllare, prevenire e bloccare i responsabili di tali fatti, pur essendo questi squallidi figuri noti per la loro appartenenza a gruppi in odore di islamismo radicale e di simpatie Isis. Ormai si scopre quasi sempre come a monte della scia di sangue ci stia la trascuratezza di chi dovrebbe essere impegnato nella lotta al terrorismo a livello di intelligence. Sono anni che si sentono proclami a favore dell’antiterrorismo, non in senso militare, non con il ridimensionamento dei diritti civili, non tramite leggi speciali che tocchino i principi di democrazia, ma attraverso concordate ed avvolgenti azioni poliziesche. Giusto, ma piuttosto teorico.
Sono perfettamente consapevole delle difficoltà: si tratta probabilmente di cercare l’ago nel pagliaio, ma anche quando l’ago lo si conosce per tempo e lo si potrebbe individuare e seguire, lo si lascia nel pagliaio. Troppi e impossibili da controllare i soggetti pericolosi. Insufficiente il numero di uomini a disposizioni delle forze di sicurezza. Scarsa la collaborazione fra le polizie dei diversi Stati. Troppi, dispersi e diversificati i punti da difendere. Probabilmente si faranno graduatorie di rischio, regolarmente smentite dai fatti, anche se bisogna onestamente considerare i tanti episodi scongiurati sicuramente taciuti per non creare inutili allarmismi, facili entusiasmi e intralci alle indagini.
Credo che al recente G7 se ne sia parlato, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il camaleontico e smisurato mare terroristico. Qualcuno parte con le solite strumentalizzazioni politiche: chi vuole cominciare a fare la voce grossa (Theresa May, come se gridare al lupo bastasse); chi vuole criminalizzare gli immigrati considerandoli il brodo di coltura del terrorismo islamico (come se non fosse la solita anticamera storica del razzismo); chi vuole trasferire la patata bollente sui Paesi di matrice islamica, mettendoli l’un contro l’altro per far esplodere le loro contraddittorie e paranoiche strategie (come se non si trattasse dei ladri di Pisa, che litigano di giorno per le loro finte diatribe religiose, ma di notte trovano regolarmente nell’Occidente il comune amico/nemico contro cui combattere o con cui allearsi). Il recente corto circuito tra Qatar da una parte e tutti i Paesi arabi sunniti dall’altra non deve illudere: queste divisioni, peraltro motivate da false ragioni di carattere etico-religioso (sostegno ai terroristi), di carattere tattico (rapporti con lo sciita Iran), di carattere mediatico (la televisione Al Jazeera), non devono spingere l’Occidente a schierarsi, come ha fatto scriteriatamente Donald Trump a cui il giorno dopo è esplosa in mano la bomba con cui voleva impressionare il mondo islamico. Lo hanno preso in parola, gli hanno soffiato da sotto il naso il Qatar e hanno pensato bene di appoggiare la destabilizzazione terroristica dell’Iran.
Ho la netta impressione che l’Isis altro non sia che lo sporco avamposto dietro cui i Paesi arabi si “divertono” a ricattare il mondo occidentale (Israele in primis), peraltro ricattabile (nei suoi irrinunciabili interessi economici) e tutt’altro che esente da colpe storiche passate e recenti (dal colonialismo agli interventi militari di pura ostentazione di potenza): basti pensare a come Russia e Stati Uniti si sono giocati “a monopoli” i Talebani. Se non fosse così l’Isis sarebbe già stata cancellata dalla faccia della terra.
Lo scacchiere internazionale è molto complesso: mancava solo Trump per incasinare ulteriormente il quadro e renderlo ancor più esplosivo. Una cosa è certa: l’Occidente non riesce a trovare una strategia coerente e condivisa. Non si rassegna a trovare le risorse per aiutare politicamente ed economicamente i Paesi da cui provengono le schiere di disperati. Non ha il coraggio di rinunciare ai propri sporchi interessi evitando di soffiare sul fuoco o di strumentalizzare le parti in “commedia”. Non ha la pazienza e la capacità di integrare gli immigrati di religione musulmana togliendoli definitivamente dalle chimere terroristiche. Non ha la forza e l’abilità di difendersi a livello di intelligence nella lotta al terrorismo periferico (quello che noi vediamo, mentre fingiamo di non vedere quello assai più cruento che affligge gli Stati più o meno islamici). Sono partito di qui e qui ritorno, dopo avere divagato, ma non vaneggiato.