Forse, chi ha lottato fino a dare il sangue per conquistarci il diritto di voto, non sarebbe entusiasta di questa sarabanda elettorale italiana ed europea in cui si rischia di non raccapezzarsi più. Quando non si vota si parla della necessità o meno di votare, quando si è votato, se non si comincia subito a chiedere di rivotare, ci si sbizzarrisce sul significato da dare al voto, in quanto si vota su situazioni poco chiare e il dopo-voto ne risente inevitabilmente assegnando agli eletti compiti al limite dell’impossibile. Sembra uno scioglilingua.
Più si vota e più ai cittadini scappa la voglia di votare, stiamo vivendo una vera e propria inflazione elettorale, che paradossalmente svaluta la politica e svuota la democrazia. In Francia il tutto si moltiplica per due (primo e secondo turno elettorale, in due mesi si vota ben quattro volte), in Inghilterra si è voluto anticipare la tornata e la confusione è aumentata di brutto, in Italia dopo il referendum sulle riforme costituzionali (consultazione molto discutibile nella sua opportunità e nel suo significato) non si è fatto altro che parlare di elezioni anticipate (non si sa ancora se ci si arriverà o meno) e finalmente siamo arrivati alle parziali elezioni amministrative.
La prima riflessione riguarda appunto questo sbornia elettorale da cui si esce frastornati e smarriti: ogni consultazione sembra dare indicazioni politiche puntualmente smentite dalla successiva; quando i partiti tradizionali sembrano spacciati, rialzano immediatamente la testa; quando i populisti sembrano imperversare, cadono miseramente in basso; quando il leader sembrano prendere in mano la situazione, è la volta che scivolano e vanno a sbattere. Una confusione pazzesca, cavalcata dai media, sfruttata dai commentatori, strumentalizzata dai guastatori, subita dagli elettori.
La destra barcolla tra estremismo e centrismo, la sinistra vacilla tra pragmatismo e ideologismo, l’antipolitica oscilla tra civismo e disfattismo, la partecipazione cerca disperatamente la scorciatoia del web, ma si ritrova con un pugno di mosche in mano, tutti a parole rifiutano il populismo ma ci cascano più o meno regolarmente.
La seconda riflessione è che rischiamo un overdose di elezioni con la quale mettiamo a repentaglio la democrazia sostanziale. Prendiamo il piccolo caso di Parma: cos’ha votato la gente? Chi ha avuto il coraggio di recarsi alle urne (io sinceramente non me la sono sentita) si è trovato di fronte ad una competizione fasulla e di basso profilo. Ne è uscito uno scontro sbiadito con una astensione record. Se andiamo avanti così, c’è di che preoccuparsi seriamente. Chi ha vinto, chi ha perso? Ho il fondato timore che stiamo perdendo tutti!
Non ricordo l’autorevole fonte, ma ho presente come un grande pensatore sostenesse che la democrazia comincia il giorno successivo alle elezioni. Mai come in questo momento storico penso avesse ragione. Teniamone conto, abbandoniamo le smanie elettoralistiche e le spinte antielettoralistiche: sono le solite diatribe fuorvianti e squalificanti. Pensiamo, ragioniamo, discutiamo, valutiamo. Non tanto sui dati elettorali, ma sui problemi. Ricordiamo che l‘abuso del voto può portare al vuoto democratico: della serie chi troppo vota nulla stringe.