Parolin(a) per il populista frou frou

A pensar male ci si azzecca e quindi penso di non sbagliare vedendo nel corso della politica grillina una mera e spasmodica rincorsa populista al consenso. Chi è che gode nel mondo e in Italia della maggiore popolarità? Non ci sono dubbi di sorta: papa Francesco. E allora sotto con la Chiesa e i cattolici, saldando l’insofferenza etica dei credenti-praticanti con la disponibilità trattativista della gerarchia e con una certa qual presunta ingenuità politica del pontefice. Quindi lisciamo il pelo ai cattolici: punto d’attacco i problemi del lavoro (con la strumentale opposizione al lavoro domenicale, che tanto preme alla Chiesa); laicismo ma non troppo (i fondi alle scuole private possono rimanere in essere per i nidi e le scuole materne); attenzione ai poveri ma senza esagerare con gli immigrati (meglio la marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza); diritti civili ma post-ideologici (è fondamentale l’autodeterminazione, intesa come la possibilità data ai cittadini di essere cittadini. Cosa voglia dire, non saprei…).

Quando si arriva al dunque i grillini scappano: è successo con l’attacco indiscriminato ai soccorsi in mare ed è successo e succede per l’accoglienza ai migranti. Troppo forte la paura della gente per schierarsi. Meglio nascondersi dietro la finta moralizzazione delle procedure di accoglienza e integrazione piuttosto che combattere apertamente il razzismo, meglio tacere piuttosto che reagire agli sproloqui xenofobi, meglio ondivagare sugli argomenti caldi, come per l’obbligatorietà dei vaccini, piuttosto che prendere posizioni ritenute scomode e poco popolari.

E quando vengono trovati in castagna, beh, basta attaccare il Pd, c’è sempre un motivo pronto di polemica con cui distogliere l’attenzione dai propri limiti di credibilità e coerenza. Non so fino a quando potrà reggere questo andazzo. A scanso di equivoci, meglio farsi amico il papa o almeno i vescovi italiani o almeno il loro giornale quotidiano o almeno i cattolici spaesati o almeno gli operatori e le famiglie della scuola cattolica o almeno chi non vuole lavorare alla domenica o almeno…

Con la marcia Perugia-Assisi, nata nel 1961 come marcia della Pace e ridotta dal M5S a megafono itinerante per equivoche battaglie contro la povertà, qualcosa non è andato per il verso desiderato: alle sparate filofrancescane di Grillo ha posto un indiscutibile alt il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, evidentemente piuttosto seccato del surrettizio dialogo aperto tra mondo cattolico (?) e mondo grillino. Non c’era forse bisogno di dirlo, ma fra san Francesco e Beppe Grillo c’è poco da spartire: l’occasione è stata comunque utilizzata dal massimo esponente della diplomazia vaticana per mettere fine alle illazioni e alle illusioni successive agli svarioni editoriali di Avvenire e per rimarcare la netta separazione fra Chiesa e schieramenti politici (Grillo compreso). Evidentemente il leader cinque stelle non si è accontentato dell’avventata apertura di credito tarquiniana, ha voluto strafare inserendo le proprie battaglie nello spirito francescano: gli è stato risposto che a scherzare con i messaggi dei politici si può provare, con quelli di san Francesco è meglio lasciar perdere.

Del girovagare post-ideologico di Beppe Grillo trovo qualche riscontro nelle clamorose contraddizioni di Donald Trump, così descritto dal leader M5S: «Lui è l’espressione plastica della fine della “sinistra frou frou”, la gente si è stufata degli Obama e dei Clinton, tutto il loro essere di sinistra trova sfogo nel concedere qualche diritto senza costi e sorridere bene davanti alle telecamere. Ma Bill Clinton è stato uno dei grandi deregolatori, uno di quei potenti che hanno lasciato libera la finanza di impazzire e buttarci ai piedi del resto del mondo. Barak Obama non è intervenuto in nulla che davvero contasse a Wall Street, non ha fatto sì che il verso delle cose cambiasse ed ha finito per circondarsi degli stessi consulenti economici di Bush. Non importa come la pensi Trump, oppure cosa abbia in comune con gli altri casi di esasperazione alle urne, la sua elezione è stata una sorpresa perché l’establishment americano è molto più ottuso di quanto si possa immaginare».

Dopo i recenti svarioni strategici di Trump culminanti nel suo strampalato viaggio in Arabia Saudita, le dichiarazioni di Grillo diventano ancor più assurde, al limite del demenziale. Mi permetto solo di auspicare che la Chiesa istituzione non abbia tentennamenti di sorta e non cada nel tranello grillino (sembra fortunatamente, come scritto sopra, che abbia fatto un netto distinguo), dopo essere sprofondata in quello berlusconiano e di aggiungere: «Preferisco la sinistra “frou frou” di Obama e Clinton al populismo frou frou di Beppe Grillo e dei suoi mentori Trump e Putin».