L’usato sicuro (di sbagliare)

Nell’asfittico e noioso dibattito politico italiano pontificano i personaggi che tendono penosamente ad autoriciclarsi. I media li inseguono perché fanno notizia (?) con le loro corbellerie, la gente li osserva come fantasmi del passato e purtroppo la politica ne viene comunque inopinatamente influenzata.

Tra i tanti faccio due esempi. Il primo riguarda Massimo D’Alema, che, dopo aver insegnato a Renzi come (non) si fanno le riforme costituzionali, predica agli incalliti ed irriducibili vedovi del partito comunista come si fa a (non) essere di sinistra ed a governare (male) nello stesso tempo. Sembrerebbe una lezione curiosa e interessante, ma purtroppo la predica viene da un pulpito inattendibile, non per l’’indiscutibile intelligenza del personaggio (da questo punto di vista l’ho sempre rispettato ed ammirato), ma per la sua incoerenza e per l’abitudine di piegare il senso politico all’inguaribile vizio di demolire gli altri per far emergere il proprio smisurato ego. D’Alema non è stato capace   di guidare la sinistra e non ha saputo governare da sinistra. La sua fu la prima esperienza (breve) di un ex comunista chiamato a presiedere il governo italiano. Era un periodo in cui l’ideologia tirava gli ultimi, ma non era ancora morta. Fu in un certo senso il pessimo e decisivo sdoganatore (complice Francesco Cossiga) dei comunisti, passati da mostri mangiabambini a governanti in doppio petto (i più attempati ricorderanno la gag di Cossiga che regalò a D’Alema la statuetta di un bambino di zucchero da mangiare golosamente). Si ipotizzò malevolmente che fosse stata una perfida manovra a sfondo internazionale per consentire all’Italia di entrare nella guerra del Kosovo dalla porta di servizio aperta da un immaturo ex-comunista affamato di potere, cosa che non avrebbe mai accettato il maturo cattolico Prodi. Guerra e Cossiga a parte, fu un fallimento. D’Alema recitò con estro e fantasia la parte del politico che vuole riappropriarsi del suo spazio lavorando di gomito: fu infatti uno degli affossatori del primo governo Prodi, colpevole di avere superato i rigidi schemi della partitocrazia.

Faccio un secondo esempio e lo prendo dall’area politica opposta, dal centro-destra. Si tratta di Giulio Tremonti, il quale, dopo esser stato protagonista di squallide esperienze governative al fianco di Silvio Berlusconi, si atteggia, dallo scranno di senatore dipendente solo dalla propria straboccante boria, a censore della corsa alle elezioni anticipate, da ex ministro dell’economia a profeta dei disastri economici, finanziari e bancari del nostro Paese, da professore universitario a erudito analista dell’attuale fase storica a livello mondiale.

Non so, ma probabilmente Giulio Tremonti pensa che gli Italiani siano cretini (cvetini come direbbe lui) o smemorati. Con quale autorevolezza teorica e pratica ci inonda del suo verbo? Forse farebbe meglio ad andare a nascondersi. Invece parla eccome, lasciando intendere che ai suoi tempi le cose andavano molto meglio. Sì, eravamo arrivati al punto di essere derisi ed umiliati in Europa e nel mondo.

Sono spesso portato a rivalutare le vicende politiche del passato, ad ascoltare le esperienze di personaggi di un tempo, quindi non sono un rottamatore ante litteram, anzi. Però tutto ha un limite! Chi dal suo passato ha poco o niente da insegnare dovrebbe starsene zitto. Fate come dico e non come ho fatto? Ma mi facciano il piacere…