Il voto a prescindere

I commentatori politici, quando fanno previsioni sui provvedimenti adottabili a livello governativo, tendono ad escludere quelli che comporterebbero sacrifici in vista delle elezioni, perché toglierebbero voti a chi governa e ne darebbero a chi sta all’opposizione.

In tal modo viene adottato uno schema piuttosto banale, che innanzitutto manca di rispetto agli elettori, considerati come banderuole influenzate dall’aria che tira o, peggio ancora, come personal computer in carne ed ossa capaci di tradurre il proprio voto in frettolose analisi costi-benefici; in secondo luogo viene evocato un meccanismo elettorale che forse non ha mai funzionato, prima a causa del muro ideologico che assorbiva le valutazioni pragmatiche, oggi a causa del muro isolante rispetto alla politica.

Purtroppo temo che gli italiani, per lo meno la loro maggioranza, votino a prescindere. Da cosa? Un po’ da tutto. Dalle ideologie, ma anche dai valori. Dalle promesse, ma anche dai programmi. Dalle parole, ma anche dai fatti. Dalla storia, ma anche dall’attualità. Da quanto succede nel mondo, ma anche da quel che capita nel proprio orticello.

Un voto ideologico a rovescio, in ossequio all’ideologia dell’anti-politica, del rifiuto dei politici, dell’allergia alle classi dirigenti, del fastidio verso la burocrazia. Un tempo si chiamava qualunquismo visto dalla parte del cittadino, oggi   populismo visto dalla parte di chi vuol governare.

La campagna elettorale del recente referendum sulle riforme costituzionali la dice lunga al riguardo. Al di là degli errori tattici commessi indubbiamente da Matteo Renzi, si può comunque concludere che non ha funzionato nessun meccanismo di raccolta del consenso.

Si è tentato di spiegare le riforme in tutti i modi; visto che questo approccio non funzionava troppo si è provato a tradurre le riforma in chiave di risparmio dei costi della politica; poi si è puntato sulla sforbiciata al numero dei politici; poi sulla personalizzazione del consenso; poi sul rischio del perpetuo immobilismo; poi sulla maggiore partecipazione dei cittadini; poi sul disboscamento delle burocrazie centrali e periferiche; poi sull’Europa che ci chiedeva le riforme; poi sull’imprenditoria che ci chiedeva semplicità e certezza prime di investire in Italia. Nessuno schema attecchiva. Bisognava votare contro! Perché? Per mandare a casa la politica e i politici, a nulla valendo che con il No si facesse comodamente rientrare dalla finestra quanto si voleva sbattere drasticamente fuori dalla porta. Una rivalsa psicologica attorno alla quale hanno giocato i diversi strumentalizzatori del caso.

Se si osserva l’andamento dei sondaggi, per quel che possono valere, si nota che i consensi sono schizofrenicamente neutri rispetto agli avvenimenti clamorosamente e potenzialmente incidenti sulle intenzioni di voto.

Sembra che il voto al M5S non subisca alcun contraccolpo dalle disavventure della giunta comunale di Roma, dalle gaffe europee dei pentastellati, dagli ostentati spadroneggiamenti grillini, dalle fughe interne: niente.

Sono curioso di vedere, ma sono sicuro che le rivolte delle piazze russe contro Putin non sortiranno alcun effetto negativo su quanti in Italia strizzano l’occhio a questo inqualificabile personaggio. Le invasioni sovietiche nei paesi satelliti non scalfivano il consenso del PCI. Sta succedendo, più o meno, lo stesso fenomeno.

La politica in quanto tale ha perso il suo appeal e quindi l’elettore è in balia dell’anti-politica. Fino a quando? Non lo so. Spero sempre ci sia un punto di ritorno. La storia ci insegna che, purtroppo, per liberarsi di certe derive sono state, direttamente o indirettamente, necessari guerre, bagni di sangue, crisi profonde, guerre civili.

Più prende piede l’anti-politica e più la politica tende a peggiorare adeguandosi. Un meccanismo perverso che prende spinta dal basso, ma viene incoraggiato dall’alto. La corruzione dilagante è il carburante fondamentale di questa macchina senza autista   e senza meta.

L’Europa rientra perfettamente in questo gioco allo sfascio: la brexit, l’euroscetticismo, l’anti-europeismo, l’insofferenza verso le burocrazie e le tecnocrazie europee, spingono ulteriormente la macchina su percorsi disastrosi. Trump ci sta dando una bella mano ad andare nel fosso.

Un tempo i giovani protestatari sostenevano che tutto è politica. Sì, anche l’anti-politica, la peggior politica possibile e immaginabile.