Nella diatriba in atto all’interno del partito democratico, per tempestiva iniziativa della magistratura, rischia di giocare un ruolo importante il padre di Matteo Renzi. Tutti i commentatori si esercitano nel definire la probabile scissione Pd: qualcuno la chiama “frattura di calendario” considerato che tutto sembra ruotare intorno alla data del congresso e delle elezioni politiche; altri “scontro di potere” perché non emergono motivazioni politiche di fondo ma solo preoccupazioni in vista soprattutto dei seggi parlamentari in palio alla prossima consultazione elettorale; altri ancora la considerano un duello personale tra leader o capi-corrente alla spasmodica ricerca di rivincite; quasi tutti una sciagurata esercitazione pseudo-identitaria alla faccia dei problemi del Paese. Adesso siamo arrivati alla iettatoria “scissione a babbo morto”.
Temo che il veleno nella coda ce lo abbia messo la magistratura “inventando” il reato di traffico di influenze ed appioppandolo addosso al “babbo”. C’é in atto, è inutile nasconderlo, un regolamento di conti fra una larga fetta di magistrati e Matteo Renzi, colpevole di avere varato o messo in cantiere alcune riforme piuttosto fastidiose per i giudici (riduzione ferie, responsabilità, pensionamenti abbreviati, etc.): punture di spillo che tuttavia li hanno irritati non poco. Era quindi prevedibile che, prima o dopo, gliela facessero pagare cara ed ecco spuntare l’occasione propizia. L’ex-premier, già indebolito dall’insuccesso referendario, dalla levata di scudi della sua minoranza interna, dai tanti che opportunisticamente hanno cominciato a prendere le distanze non appena intravista la possibilità di una sua caduta, può essere in odore di spallata decisiva verso il baratro della irrilevanza.
La giustizia, come si suol dire, farà il suo corso, ma intanto la sputtanata c’è tutta. Sembra quasi che alle critiche dell’ex-giudice (meglio sarebbe dire giudice prestato alla politica, dal momento che si è messo solo in aspettativa) Michele Emiliano, il più vivace fra gli oppositori dentro il Pd, definito in modo pittoresco da Francesco Merlo su la Repubblica quale “mangiafuoco bulimico e demo-populista”, faccia riscontro un filone di indagini sugli appalti pubblici Consip. Da una parte un importante esponente del partito che non esita vergognosamente a definire Renzi e i renziani come amici dei petrolieri, dei banchieri, dei finanzieri, insomma dei poteri forti; dall’altra le inchieste giudiziarie che si avvicinano a Renzi, tramite Luca Lotti prima e il “babbo” poi, ipotizzando un suo coinvolgimento di sponda (?) nel fenomeno di commistione tra politica ed affari.
Così Renzi, oltre ad essere definito ironicamente (vado sempre a prestito dal Francesco Merlo) “furia di provincia, ambizione della modernità e del marketing, angelo della storia, rottamatore del pianto, promotore di sbadigli”, potrà aggiungere, nel suo cursus honorum, l’etichetta di “trafficante d’influenze per interposta persona”.
Un non-motivo in più per spaccare il Partito democratico. Che Renzi desse fastidio a molta gente, lo avevo capito. Che abbia tatticamente sbagliato a mettersi contro a troppa gente, dai sindacati ai massimalisti della sinistra, da certa intellighenzia alla magistratura, dagli insegnanti agli studenti, dai dipendenti pubblici ai giornalisti, è altrettanto innegabile. Che non abbia la pazienza del vero politico e l’abilità strategica del tessitore è ammissibile. Ha dato un bello scrollone alla pianta e dai rami è venuto giù di tutto, ma qualcosa di pesante (forse sarebbe meglio dire di pedante) gli è caduto sulla testa.
Guardando in Tv i suoi oppositori abbracciati, Michele Emiliano, Roberto Speranza, Enrico Rossi, che giocano a fare i leader alternativi senza averne, pur facendo la loro sommatoria, carisma e capacità, mi sono chiesto: questo sarebbe il nuovo Pd, la nuova sinistra che intende riprendere in mano il Paese dei maltrattati di sistema? Ma fatemi il piacere… Oppure, lasciamo stare queste candidature di seconda fila, di bandierina e andiamo alle eminenze grigie: saranno i Bersani e i D’Alema (per dirla con Francesco Merlo, “i vecchietti sdentati, arzilli e vincenti, evasi dalla casa di riposo”) a proiettare la sinistra italiana nel futuro? Ma fatemi il piacere…
All’inizio degli anni novanta (si sono celebrate proprio in questi giorni le nozze d’argento con la prima scrematura di tangentopoli) tanto andò la magistratura contro il lardo della corruzione che ci regalò Berlusconi. Vuoi vedere che oggi tanto andrà contro Renzi che ci regalerà la torta di Luigi Di Maio o comunque ci metterà sopra la ciliegiona? Auguri!