Dilettanti allo sbaraglio

Non ho mai avuto una considerazione ragguardevole per il dilettantismo, in nessun campo: sono un incallito perfezionista e da me stesso, prima che dagli altri, ho sempre preteso preparazione e professionalità. Atteggiamento che costa insoddisfazione al limite della frustrazione, ma che comporta anche una spinta a migliorarsi con studio, dedizione ed impegno.Delle caratteristiche negative del nuovo presidente americano Donald Trump (sono tante e pericolosissime), quella che più mi infastidisce e mi preoccupa è proprio il dilettantismo dell’approccio e il pressappochismo delle scelte. In meno di due mesi è già dovuto ripetutamente tornare sulle nomine a livello governativo e a livello del suo staff: nomine di primaria importanza, non certo l’ultimo usciere della Casa Bianca; dimissioni e sostituzioni, rassegnate ed effettuate per motivi gravi o gravissimi, non certo per malattia o motivi personali.Il precariato però non è limitato alla dirigenza, ma si estende anche alle linee di fondo della presidenza: da un giorno all’altro cambiano gli umori, i proclami si rincorrono, i voltafaccia non si contano, su argomenti di fondamentale importanza per gli USA e per il mondo intero. Sì, perché continuo a sentire troppe persone che sussurrano: «Gli americani l’hanno voluto, adesso se lo tengano e si arrangino». No, purtroppo ci arrangiamo tutti, perché, oggi più che mai, le decisioni di questo livello e tenore si ripercuotono sull’intero pianeta, sugli equilibri internazionali, sulle politiche di tutti i settori e di tutte le nazioni. Non illudiamoci sull’impostazione isolazionista e protezionista che, a stretto rigore, dovrebbe liberarci dalla morsa statunitense: sarà ancor peggio perché al danno si aggiungerà la beffa.Quando lo si vede in televisione si ha la sensazione di uno capitato lì per caso, che gioca a fare il presidente, che non si rende conto di quel che sta facendo, che spara cazzate a raffica, che dice tutto e il contrario di tutto. Con Trump la politica non è populistica, ma analfabetica. È la risposta altolocata, gratificante ed alienante alla presuntuosa e crassa ignoranza della gente.Ho sempre preferito avere a che fare con un soggetto cattivo ma intelligente e colto piuttosto che con un soggetto buono ma ignorante e stupido: col primo si riesce comunque a trovare un modus vivendi, con il secondo è una tragedia (Trump oltretutto faccio fatica a considerarlo un buono, ma il concetto penso sia comunque chiaro).In questi giorni mi è venuto spontaneo fare un azzardato e paradossale parallelo con la sindacatura di Virginia Raggi: stesso discorso. Ne ha combinate e ne sta combinando tali e tante da rimanere sbalorditi. Senza entrare nel merito, si resta basiti di fronte alle giravolte di persone e idee che si svolgono intorno a questa assurda pavoncella. Qualcuno dice che sia in balia dei poteri forti, ma, secondo me, più che in balia dell’establishment credo sia vittima di se stessa e della sua totale incapacità.I Romani l’hanno voluta e adesso se la tengano e si arrangino. No, siamo alle solite. Ce la teniamo tutti, perché non è l’amministratrice della bocciofila, ma la sindaca della capitale d’Italia. Qualcun altro, giocando al tanto peggio tanto meglio, si consola sperando che sia l’inizio del prematuro tramonto del grillismo (dell’uomo qualunque riveduto e (s)corretto). Ho i miei dubbi, perché può finire come a scuola, quando un allievo studioso viene interrogato assieme ad uno o più compagni impreparati: non fa bella figura, ma viene coinvolto in una sputtanata generale e soffre anche lui del nervosismo dell’insegnante, anche perché costretto ad un superlavoro in conseguenza delle domande irrisolte che gli si girano tutte addosso.I balordi creano solo disastri per tutti. Molti li assolvono o li giustificano guardando ai guasti creati prima di loro: ammesso e non concesso che sia così, anche questa finisce con l’essere un ben magra consolazione.Spesso ricorro agli aneddoti paterni per spiegarmi meglio. A mio padre piaceva molto questo: durante una partita di calcio un giocatore si avvicinò all’arbitro che stava facendone obiettivamente di tutti i colori. Gli chiese sommessamente e paradossalmente: «El gnu chi lù cme lù o ag la mandè la federassion (Lei è stato inviato ad arbitrare questa partita dalla Federazione o è venuto qui spontaneamente, di sua iniziativa?)». Si beccò due anni di squalifica.Dopo esserci chiesti chi ci abbia mandato questi assurdi personaggi, avremo come risposta una squalifica: ce la beccheremo tutti e temo per ben oltre due anni.