Non entro nel merito dell’ammissibilità dei referendum promossi dalla CGIL in materia di riforma del lavoro. La Corte Costituzionale ha emesso l’ardua sentenza. Uno dei tre, ed è stato ammesso, riguarda la cancellazione dei voucher, l’eliminazione cioè del modo sbrigativo ma concreto di regolarizzare le prestazioni temporanee ed accessorie difficilmente inquadrabili nelle fattispecie contrattuali civilistiche, contributive e fiscali vigenti: si vorrebbero eliminare in quanto utilizzati per finalità molto differenti da quelle che il legislatore si era proposto.Il presidente dell’Inps, intervistato al riguardo afferma: «Dai nostri dati nell’ultimo anno la Cgil ha investito 750 mila euro in voucher; non si tratta quindi né solo di Bologna né solo di pensionati. Anche altri sindacati hanno massicciamente usato questi strumenti, ad esempio la Cisl ne ha utilizzati per un valore di 1 milione e mezzo di euro».Più avanti nel corso della medesima intervista Tullio Boeri si toglie un sassolino dalla scarpa della sua proposta di razionalizzazione del sistema contributivo e pensionistico e dichiara senza mezzi termini: «Abbiamo pronta una circolare che interviene sulle modalità di calcolo delle pensioni dei sindacalisti. Alla luce di una sentenza della Corte dei Conti possiamo intervenire per via amministrativa anche su prestazioni in essere ad ex-sindacalisti. Basta solo l’ok del ministero del Lavoro e partiamo. Oggi alcuni sindacalisti distaccati possono fare versamenti anche molto consistenti negli ultimi anni di Lavoro. E questi versamenti episodici hanno un impatto sulla pensione molto rilevante al contrario di quanto avviene per gli altri lavoratori. Questa prassi ha portato ad aumenti del trattamento fino al 60%. Sono coinvolte circa 40 persone già in pensione e 1400 sindacalisti in attività. Piccoli numeri, ma con un forte valore simbolico di equità».Di fronte a queste imbarazzanti situazioni sindacali, penso innanzitutto a Luigi Di Vittorio, a Fernando Santi ed altri storici sindacalisti non più in vita che si capovolgeranno nella loro tomba per lo sdegno, mentre quelli ancora in vita arrossiranno di vergogna.Un tempo ai sacerdoti che si comportavano male, pregiudicando la credibilità del contenuto delle loro prediche, si era soliti applicare il discutibile detto “Fate come dico e non come faccio”.Lo dobbiamo estendere anche ai sindacalisti? Sono quasi sicuro che dal coro dei lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato, verrebbe un Sì urlato a squarciagola.D’altra parte la mia modesta esperienza mi ha messo talora a confronto con sindacalisti prestati all’imprenditoria: peggio dei peggiori padroni!Discorso analogo per i sindacalisti prestati alla politica: incapaci di passare dall’interesse di parte a quello generale.Mi capitò diversi anni fa, nell’ambito della svolgimento della mia funzione a livello di un’organizzazione imprenditoriale, di partecipare alle trattative sindacali in rappresentanza delle cooperative agricole. Si discuteva il rinnovo del contratto di lavoro dei loro dipendenti. Dopo un mio intervento, peraltro piuttosto moderato e rispettoso della controparte, fui malamente apostrofato da un operaio agricolo che mi invitò provocatoriamente a togliermi la giacca e ad andare a lavorare con lui per capire la situazione. Non ci pensai un attimo e risposi: «Dal momento che lo stipendio non me lo paga lei e nemmeno il suo sindacato, tengo la giacca e continuo a fare il mio mestiere. Quanto alle sue reprimende demagogiche veda di riservarle ai suoi sindacalisti in giacca e cravatta…». Probabilmente se lo incontrassi oggi, con le arie che tirano, mi darebbe ragione.