Le analisi post-referendarie dei costituzionalisti del No lasciano il tempo che trovano: osannano il risultato nella convinzione che sia stata la risposta positiva e ragionata alle loro accademiche perplessità. Parlano e scrivono come se il referendum fosse stato un seminario universitario da essi condotto e tirano tutta una serie di conclusioni a loro uso e consumo, convinti di avere reso un gran servizio al Paese ed alla sua Carta costituzionale. Il 60% di No è carico di ben altre motivazioni assai preoccupanti che c’entrano poco o niente con la riforma costituzionale.Il voto è stato in larga parte un’espressione piuttosto sgangherata di antieuropeismo e, come sostiene giustamente Massimo Riva, “un oggettivo incoraggiamento a ulteriori pulsioni in chiave nazionalista”. Lo dimostrano i petulanti e soddisfatti complimenti che arrivano ai Salvini e ai Grillo dai loro colleghi europei in vena di allargamenti del loro fronte scriteriato che da Brexit a Trump sta influenzando in modo nefasto il futuro europeo (disgregazione progressiva del progetto europeo) e mondiale (un asse Mosca Washington che cambiando gli equilibri internazionali giocherebbe a indebolire l’Europa, a ripiegare su un protezionismo spinto, a manovrare mettendo i loro interlocutori uno contro l’altro).Scrive ancora Massimo Riva: «In questo scenario è già un danno che la crisi italiana abbia spento l’unica voce forte che si stava battendo contro quella politica dell’austerità che ha così tanto alimentato la crescita dei movimenti nazionalpopulisti. Ora la vittoria del No rischia di far gettare via insieme all’acqua ritenuta sporca della riforma costituzionale anche il bambino dell’Europa. Occorre perciò che siano proprio i pochi o tanti europeisti nel fronte del No i primi a impedire ai Grillo e ai Salvini di usare il successo elettorale il chiave antieuropea».Il voto referendario è stato inoltre condizionato da forti pulsioni anti-immigrazione al limite del razzismo: è inutile nascondersi dietro il dito del maggior controllo dei flussi migratori, l’occasione ha dato libero sfogo ai “muratori” nostrani. Basta leggere certi reportage e osservare certe reazioni di rigetto agli immigrati “che se ne devono andare” e di fattive e sbrigative urla di “prima gli Italiani e poi loro”.Una terzo connotato del voto è quello dell’antipolitica, mascherata da allergia alle élite e all’establishment, (in)degna continuatrice del peggior qualunquismo. Su questo terreno si è oltretutto venuto a creare il paradosso dell’espulsione della politica (quella più politicante) dalla porta con il risultato di vedersela rientrare dalla finestra dei governi tecnici, di scopo, di responsabilità, di transizione (la crisi politica va pur affrontata e gli strumenti sono questi, salvo che non si voglia votare tutte le settimane).Sta cominciando anche il pianto di tutti coloro che stavano aspettando gli effetti, ancora in bilico, delle altre riforme in cantiere: con la crisi di governo tutto fermo se non addirittura compromesso (accordi sui contratti del pubblico impiego; riforma delle banche popolari; riforma della pubblica amministrazione; abolizione di equitalia; riforma del lavoro). Ci potevano pensare prima: mi aspetto che prima o poi scenderanno in piazza molti a protestare contro il NO, come è successo negli Usa dopo l’elezione di Trump o in Inghilterra dopo la Brexit. Il buon senso a scoppio ritardato non serve a niente.I maestri del No possono essere più che soddisfatti del loro lavoro: hanno seminato vento e raccolgono tempesta. Ma si difendono dicendo che il vento lo ha seminato Renzi…Una sinistra in eterna fibrillazioneSul fronte della sinistra il risultato referendario sta dando spinta e coraggio a Pisapia e c. che stanno vagheggiando un (ri)Lancio del Campo Progressista, da cui aprire una collaborazione col Pd relegato al centro della politica. Se l’iniziativa vuol portare alla ragione l’estremismo di sinistra fine a se stesso, ben venga anche se non ci credo perché il “purismo” sinistrorso non ha limiti ed ogni volta che qualcuno parte con un nuovo movimento o partito, sperando di inglobare il tutto, finisce con l’aggiungere un ulteriore gruppo nel panorama frastagliato della sinistra estrema. Se invece vuole evitare alla sinistra di fare i conti con la storia e col mondo moderno, non ci siamo. La serietà dei personaggi in ballo (Pisapia, Zedda, Cuperlo, Merola) lascia qualche speranza: almeno toglierebbero lo spazio sotto i piedi ai Bersaniani e Dalemiani, che sarebbero ulteriormente spiazzati ed ai quali non resterebbe che andare finalmente a casa dopo avere da tempo fallito la loro azione politica. Ma si atteggiano a vincitori. In questo referendum è ritornato di moda il ritornello della politica di un tempo, quando tutti vincevano; questa volta vogliono anche passare subito all’incasso elettorale (Grillo e Salvini in testa) o all’incasso correntizio (molti dentro al Pd).Ultima per chi rischia di sbattere: la sinistra dem ha fatto della demonizzazione di Verdini un suo punto qualificante. Vuoi vedere che finiranno con l’accettare il ritorno di Berlusconi sotto la pressione di Mattarella che ha le sue buonissime ragioni per quadrare il cerchio? Com’è piccolo il mondo!